Il discernimento – Relazione Don Guido Pietrogrande

Don Guido Pietrogrande, nella sua relazione del 27 aprile, tratteggia il modello del discernimento comunitario partendo da tre episodi narrati dagli Atti degli Apostoli. Il primo è il brano che narra l’istituzione dei diaconi, il secondo è la chiamata di Barnaba e Paolo dalla comunità di Antiochia e il terzo è quello del Concilio di Gerusalemme. In tutti e tre i racconti si evidenzia come il discernimento spirituale nasca all’interno di comunità che vivono la comunione e rispettano i ruoli esercitati da chi le presiede. Una riflessione fondamentale nelle imminenza delle elezioni del Comitato nazionale di Servizio.   

IL DISCERNIMENTO E LA VITA COMUNITARIA 

“La Comunità come luogo di discernimento e fonte di ogni servizio” è un tema impegnativo ed è abbastanza presuntuoso pensare di affrontarlo in poco tempo. Prendo lo spunto dal passo degli Atti degli Apostoli che riguarda l’elezione dei diaconi (cf At 6). Il Libro degli Atti degli Apostoli è il nostro sillabario, il libro che dobbiamo sempre avere in mano, il libro che Papa Giovanni XXIII ha chiesto ai vescovi, in attesa di incontrarli al Concilio, di leggere e di meditare come testo base per potere poi svolgere al meglio i lavori. Questo passo, che è molto conosciuto, ci può illuminare sul ruolo della comunità in ordine al discernimento e alle scelte pastorali. 

Leggere la vita della comunità  

Leggiamo: «In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: “Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola”. Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani. E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede» (At 6, 1-7). 

È una situazione di malcontento che farebbe impazzire una bella “squadra” di Coordinatori regionali, perché quando c’è del malcontento, il telefono del Coordinatore regionale squilla in continuazione. C’è da domandarsi se è proprio questo il modo di fare discernimento; per fortuna al tempo dellelezione dei diaconi c’era un clima diverso, non c’erano i social.  

La situazione che si deve affrontare è questa: c’è un aumento dei discepoli che probabilmente ha portato un po’ di gasatura nella comunità, al punto da credere che il numero crescente, da solo, garantisca che la comunità funzioniIl numero dei fratelli che cresce può dare alla testa, magari perché facciamo il confronto tra un gruppo e l’altro, e questo ci convince che noi siamo nel giusto, perché le persone vengono da noi e non vanno altrove. Non so se gli apostoli abbiano fatto questi pensieri, però l’applicazione ai nostri giorni penso che sia legittima. Aumento dei discepoli significa aumento del lavoro e, quindi, aumento di fatica e di preoccupazione. Ci sono due gruppi, quello degli ebrei che vivono in loco, e quello degli ebrei che non parlano l’aramaico ma il greco, in quanto vengono dall’estero, e sono a Gerusalemme perché lì si trova il denaro cha casa loro non si trovava più. Quando si formano due gruppi si sente che c’è qualche cosa che stagna, qualche cosa che si contrappone, quindi mormorazione e malcontento. Probabilmente c’era solo malcontento perché non si voleva mormorare, e si diceva: «Non è mai capitato da noi che ci sia la mormorazione!». Accade anche a noi che ci sia un problema piuttosto grosso: vogliamo la pace ma non ci accorgiamo dei problemi. Soprattutto corriamo il rischio di perdere di vista l’essenziale: la preghiera e la Parola. Aumentano i fratelli, aumenta il lavoro e diminuisce la preghiera.  

Il discernimento punta all’essenziale   

Gli apostoli si accorgono della situazione perché puntano sull’essenziale, e quando si fa discernimento o si punta sull’essenziale o ci si perde in tanti rivoli e vicoli ciechi. L’essenziale è ciò che ti mantiene nella verità, l’essenziale va salvaguardato e riguarda tutti, in particolare gli apostoli. Tutti, però, devono sapere che cosa è essenziale nella comunità. Gli apostoli si accorgono del rischio di vedere sacrificati il ministero del culto, della preghiera e soprattutto dell’annuncio e della catechesi dal ministero della carità. E dal momento che avvertono che c’è questo rischio, sono anche preoccupati perché esso può portare alla rottura della carità fraterna. Vediamo come in questa comunità, nonostante tanto desiderio di lodare il Signore, ci sia una certa prevenzione da parte del gruppo che parla aramaico verso coloro che parlano greco. Questa lingua è diversa, come mai? Sono fratelli nostri e parlano un’altra lingua? Come mai hanno un modo di vivere diverso?, dicono. Lo vedremo ad Antiochia, quando gli ebrei di lingua greca addirittura formeranno una comunità che porterà qualche preoccupazione a Gerusalemme. Quindi i problemi sono due: salvaguardare la preghiera e l’annuncio della Parola e salvaguardare la carità fraterna. Lo sblocco della situazione avviene attraverso il discernimento, che non è il pensare a lungo sulle cose, non è continuamente contrapporre le posizioni, non è continuamente spiegarsi (io volevo dire… tu volevi dire… io non ti ho capito… tu non mi hai capito…intorno a un problema che non abbiamo ancora messo davanti al Signore. I Dodici intervengono, e lo fanno non per tacitare il malumore, il malcontento, ma proclamando chiaramente, di fronte a quello che sembra il problema più grosso, ciò che invece è essenziale: Guai a noi se per servire le mense dovremo abbandonare l’annuncio della Parola. E allora chi servirà le mense? Viene convocata un’assemblea, e qui si vede veramente come la comunità goda della stima da parte degli apostoli e come questi ultimi siano sentiti come punto di riferimento sicuro. Questo è un buon punto di partenza per fare discernimento: se c’è una scollatura tra chi deve dare, per mezzo del ministero di governo, una certa consistenza alla comunità e tra chi, invece, nella comunità sente la profezia che urge, allora non si fa più discernimento spirituale.  

I criteri della scelta 

Convocata l’assemblea, si afferma«Scegliete voi e tra di voi sette uomini. Noi affideremo l’incarico. Questi uomini devono avere buona reputazione, Spirito Santo e sapienza»Vengono dati anche i criteri per scegliere, in modo che la comunità, sentendosi investita di questa possibilità di sceltanon cominci a dividersi: «Scegli lui… se lo merita…, tu scegli lui perché è un tuo parente…». Devono essere scelte persone di buona reputazione, ripiene di Spirito Santo e di sapienza, dove per sapienza intendiamo buonsenso. È bello che la scelta venga fatta nella comunità e si sappia già chi scegliere, perché vuol dire che in quella comunità ci si conosce, ci si stima, c’è stato esercizio di carismi che ha permesso di vedere come lo Spirito agisce nel fratello, per cui si va a botta sicura 

Si scelgono Stefano, Parmenàs, e poi anche Nicola, l’ultimo, che per di più è un proselito, non è neppure ebreo. Ed essendo un proselito, è uno che segue la legge di Mosè, però non fa parte del popolo di Israele. Sebbene non siamo ancora giunti al momento in cui Pietro battezzerà Cornelio, né alla grande predicazione di Paolo, in questa scelta si intravede nella comunità una certa libertà di accogliersi, che crea l’humus ideale per il discernimento.  

La sottomissione reciproca  

I prescelti vengono presentati agli apostoli, i quali possono anche dire: «No, tu non puoi entrare nella lista. Abbiamo delle motivazioni valide. Forse è bene che tu faccia altro. Forse tu avrai un altro ministero, un altro servizio». Questa sottomissione agli apostoli, in modo che dicano l’ultima parola, è ciò che fa capire che in quella comunità ormai ci si è organizzati in un certo modo, si riescono a cogliere i ruoli diversi, e ci si sottomette a quei ruoli, o meglio, alle persone che hanno un certo ruolo.  

Sono gli apostoli a dare effettivamente l’incarico ai prescelti e dunque si prega, con l’imposizione delle mani.  

I frutti del discernimento  

Abbiamo visto che tutto il discernimento è cominciato con una proposta gradita: “la proposta piacque”. In questo verbo noi sentiamo la consolazione, la serenità di una comunità che si ricompone anche in quello che era il malcontento; i giudizi e i pregiudizi cedono il passo alla proposta illuminante. C‘è la scoperta dei ministeri e del servizio. Di un servizio che probabilmente esisteva già prima, forse un po’ improvvisato, fatto con fatica, perché bisognava dare un po’ di cibo a tutti. Adesso viene meglio  organizzato, confermato. 

La comunità allora è il luogo di discernimento. Gerusalemme vediamo che gli apostoli sono ascoltati, e se non c’è ascolto da parte di chi ha autorevolezza non è possibile partire per un discernimento. Troviamo una comunità che, nonostante il malcontento, appena sente che la proposta è saggia, fa subito da cassa di risonanza. Là si vede che un discernimento non viene imposto, ma viene proposto, accolto e confermato per il fatto che tutti si sentono contenti: «Così va bene… questo è giusto». Ed è una scelta a favore di chi soffre di più, per cui è importante perché nella scelta si è cercato anche di fare giustizia. Un discernimento non deve soltanto portare un’iniziativa approvata da tutti, ma deve anche togliere la causa del malcontento. E qui la causa viene veramente tolta, c’è un superamento dei pregiudizi su chi parla una lingua diversa, per cui ci si divide in ebrei osservanti e in ebrei che vengono dalla diaspora e non sono del tutto accettatiIl frutto del discernimento è che la proposta piace e determina il cessare del malcontento: viene rimossa la causaviene assicurato il servizio, e, la cosa importante, il numero dei fratelli aumenta ancora di più. E questa volta si dice che anche i sacerdoti del tempio passano nel numero dei discepoli.  

Discernimento e appartenenza 

In questo passo degli Atti degli Apostoli per la prima volta vengono chiamati discepoli quelli che seguono questa via. Questo ci deve fare comprendere che se non c’è discepolato sarà difficile fare discernimento, perché non c’è appartenenza, non c’è cammino. E se non c’è cammino non c’è un progredire nell’appartenenza al Signore, per cui ci sarà sempre il rischio di fare dei discernimenti che non nascono dal fatto che io appartengo a una comunità, per cui cerco con i fratelli la verità. 

Il servizio nasce dalle esigenze concrete, e le esigenze concrete avevano portato il malcontento, mentre tutto cambia se il servizio nasce nel discernimento spirituale. È da ricordare che il servizio è anche la preghiera, è anche l’annuncio della Parola, per cui il servizio non si contrappone al culto, e il culto non solo non assomma tutta quanta l’attività della comunità, ma si esprime nel servizio. Anche qui troviamo che due cose che si potrebbero contrapporre perché richiedono tempi diverso, impegni e persone diverse, arrivano a sintesi.  

DISCERNIMENTO E MISSIONE 

C’è un secondo passo degli Atti degli Apostoli che vorrei proporvi come riflessione: «C’erano nella Chiesa di Antiòchia profeti e maestri: Bàrnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaèn, compagno d’infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo. Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: “Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati”. Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono» (At 13, 1-3).  

 Il discernimento è più facile se la comunità è formata 

Ci troviamo durante un’azione liturgica e si direbbe: «Qui il discernimento è facile! Lo Spirito Santo ha detto chiaro e tondo chi sono i prescelti, dice anche quello che dovranno fare, la comunità di fronte a questo annuncio non ha più dubbi». Noi desidereremmo sempre un discernimento di questo tipo, ma non è così perché, anche in questo discernimento che è frutto di obbedienza allo Spirito Santo, che ha parlato in un modo solenne ed eccezionale, noi vediamo che c’è la presenza di profeti e maestri. È una comunità dove la formazione è assicurata, dove ormai su quello che significa stare insieme, pregare insieme, accettarsi vicendevolmente, c’è una certa tranquillità, c’è il culto e c’è la preghiera. E poi c’è anche il digiuno, e questo fa comprendere che è una comunità sobria, una comunità che ha saputo già fare discernimento tra ciò che conta e ciò che non conta, tra la parola di Dio e il cibo materiale. Quindi una comunità che è già organizzata, noi potremmo dire: una comunità che fa ritiro mensile, dove ci si parla, dove abbiamo dei profeti e dei maestri che sanno far fare alla comunità un buon cammino.  

Discernimento e profezia  

Viene da pensare che un discernimento in questa comunità sia facilitato. Sì, lo è, ma non sempre è così. Questo discernimento parte da una profezia, e questa profezia dev’essere verificata, perché dopo che lo Spirito Santo ha detto: «Riservate per me Bàrnaba e Saulo», ritornano a digiunare e ritornano a pregare, perché ogni profezia dev’essere sottoposta ai profeti. Quindi è una comunità che, poiché sa di essere carismatica, ha tutte quante le cose risolte, perché anche le cose più grandi, le catechesi più perfette, la profezia che ha fatto stare tutti quanti in ginocchio davanti al Santissimo, ha bisogno di essere verificata. Allora si prega e si digiuna in due tempi: si prega e si digiuna perché quel giorno avevano deciso così, lo Spirito interviene, allora continuiamo la preghiera e continuiamo il nostro digiuno, perché non basta dire: «Grazie, Signore» ed è risolta la parola di Dio. Su questa Parola pregano e digiunano ancora, quindi sarà passato del tempo. In queste quattro righe noi abbiamo tutto quanto lo stile di una comunità che ascolta la Parola, che viene visitata dalla profezia, che la verifica, le si sottomette. 

Il discernimento apre alla missione  

A questo punto, è arrivato il momento di imporre loro le mani e di congedarli. Congedare per gli antichi voleva dire: «Andate, vi mandiamo e vi diamo tutto quello che è necessario per voi, perché voi siete una parte di comunità che è stata scelta dal Signore». Tanto è vero che Paolo ritornerà ad Antiochia per portare i frutti dell’evangelizzazione, perché dalla comunità da cui si parte alla comunità si ritorna. Questo discernimento viene fatto e viene sigillato con la preghiera sulle personeè una comunità che è disposta a perdere le due persone più in vista al suo interno, è come se tutto un Pastorale partisse in missione: Bàrnaba e Saulo vengono chiesti per questo. È una comunità pronta alla novità, quindi è una comunità che poteva correre il rischio di essere in una situazione favorevole e di chiudersi alla missione: «Noi abbiamo tutto, abbiamo i profeti, abbiamo la corale, abbiamo un ottimo Pastorale, noi siamo conosciuti da mezza Italia, di noi si parla!». Bàrnaba e Saulo, proprio loro due: «E cosa faremo? E senza di loro? E chi sarà al loro posto?». 

È vero che è stato un discernimento sull’onda di una profezia, però quante cose ha dovuto affrontare quella comunità. Sembra facile dire: «Lo Spirito ha chiesto, allora invochiamo lo Spirito, lodiamo il Signore e cantiamo in lingue per mezz’ora e andiamo avanti». No, è stata una comunità che viene rovesciata completamente, perché le vengono tolti i due membri che erano stati alla base della comunità di Antiochia. Quindi una comunità che fa digiuno di due persone importanti, che è pronta a dire di sì al Signore, ed è pronta a ricominciare da capo con altre responsabilità e con altre persone. Questo è rinnovarsi: se non c’è la volontà di novità non mettiamoci a fare discernimento. Saranno chiacchiere, parleremo continuamente, ritorneremo sempre sulla nostra idea che dovrà essere sempre approvata, e ci saranno alcuni che diranno: «Non chiacchieriamo più, tieniti la tua idea, io mi tengo la mia», e il discernimento è morto, perché la chiacchiera è il diserbante sul fiore del discernimento. 

DISCERNIMENTO E FEDE 

E siamo al terzo passo: capitolo 15 degli Atti. Ad Antiochia, quelli che parlano greco e quelli che parlano aramaico vivono di comune accordo e incominciano a entrare in comunità anche persone che non sono ebree, e quindi arrivano gli stranieri. «Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati.  

Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione» (At 15, 1-2). Insomma, dobbiamo seguire Mosè o basta seguire Cristo? E se seguiamo Cristo, sarà bene anche fare qualche cosa che ha detto Mosè? C’è chi sta per il compromesso, c’è chi sta per le soluzioni nette.  

Il discernimento nelle questioni cruciali 

La comunità si trova in una situazione piuttosto grave e fare discernimento è molto difficile.  

Vediamo che il discernimento viene fatto proprio andando dagli apostoli. Non si va dagli apostoli perché dicono ciò che bisogna fare, ma si va dagli apostoli per dire: «Ci sono delle valutazioni a favore e delle valutazioni contro». 

È stato un momento piuttosto grave per la comunità di Gerusalemme e di Antiochia, perché a Gerusalemme c’erano anche dei tradizionalisti e il capo dei tradizionalisti, mi permetta l’apostolo Giacomo di chiamarlo così, ma non per offesa, era proprio Giacomo. E c’è Pietro che ha battezzato Cornelio, e c’è Paolo che ha fondato comunità fuori da Israele. In questo momento in Gerusalemme c’è tutta quanta la problematica di una Chiesa in fermento, di una Chiesa che corre il rischio di stare ferma e di una Chiesa che invece deve muoversi, di una Chiesa che nel suo capo ha già fatto il primo passo fondamentale e nel suo apostolo Paolo ha già ottenuto i primi frutti 

Il discernimento e la Parola di Dio 

Proprio Giacomo, che tutti pensavano essere il tradizionalista, sarà quello che risolve il problema, dicendo: «Perché non scrutate la parola di Dio? Perché non state sulla parola di Dio che ha già parlato chiaro?». Quando la parola di Dio dice questo: «Riedificherò la tenda di Davide, che era caduta; ne riedificherò le rovine e la rialzerò, perché cerchino il Signore anche gli altri uomini e tutte le genti sulle quali è stato invocato il mio nome, dice il Signore, che fa queste cose, note da sempre» (At 15, 16-18). È questo annuncio profetico di Giacomo che interpreta la Parola di Dio a favore della novità, per cui laddove si pensava che ci fosse chiusura, lì invece c’è l’apertura, perché questa è la potenza dello Spirito Santo in questo Concilio di Gerusalemme. Ora comprendete, fratelli, che quando la posta in gioco è alta perché si tratta dell’indirizzo pastorale, si tratta addirittura dell’ortodossia di fede, si tratta della novità che sconcerta sempre, è facile che ci si divida, è facile che ci si contrapponga, è molto facile che si arrivi a spaccare la comunità. 

Tre tempi del discernimento  

Ancora una volta è il discernimento che aiuta, e il discernimento viene fatto in tre tempi. Il primo: Pietro parla alla comunità e dice: «Io ho battezzato Cornelio, ho fatto il passo nel dare la possibilità a Cornelio di diventare figlio di Dio. Io ho fatto questo e mi chiedo se è giusto che noi imponiamo una legge di uomini a coloro che sono diventati liberi in Cristo»È una parola autorevole quella di Pietro, e la sentiamo ed è questa: «Sorta una grande discussione, Pietro si alzò e disse loro: “Fratelli, voi sapete che, già da molto tempo, Dio in mezzo a voi ha scelto che per bocca mia le nazioni ascoltino la parola del Vangelo e vengano alla fede. E Dio, che conosce i cuori, ha dato testimonianza in loro favore, concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi; e non ha fatto alcuna discriminazione tra noi e loro, purificando i loro cuori con la fede. Ora dunque, perché tentate Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri né noi siamo stati in grado di portare? Noi invece crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati, così come loro”. Il secondo tempo è quello dell’ascolto: tutta l’assemblea tacque» (At 15, 7-12a). Il primo verbo era “piacque la proposta” e il secondo verbo importante è “un’assemblea che tace” e ascolta, e fa cassa di risonanza, e sta ad ascoltare Pietro, sta ad ascoltare Paolo che parla dei frutti dello Spirito ottenuti nell’evangelizzazione, e poi ascolta Giacomo. Alla fine vediamo che questa comunità, che sembra che non abbia avuto molto protagonismo nel discernimento, è invece l’habitat, l’ambiente dove questo discernimento fiorisce. Nel versetto 22vediamo concretizzarsi il terzo tempo: «Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli» (At 15, 22). Qui noi vediamo che le contrapposizioni ormai sono state tolte, e c’è la serenità e la consolazione di Dio, per cui sia chi ha autorità, sia chi ha esperienza come gli anziani, sia tutta la Chiesa, sono tutti concordi nel dire che la scelta è giusta. 

NON ESISTONO COMUNITÀ PERFETTE. CONSIGLI FINALI  

Mi direte: «Quando sarà così anche da noi?». E noi ci domandiamo: «Ma noi crediamo veramente che le nostre comunità hanno questa possibilità? Crediamo veramente che le nostre comunità sono chiamate a questo? Crediamo veramente che è questa la strada per arrivare alle nostre scelte?». Guardiamo a quelle comunità: nella prima c’era malcontento, nella seconda c’era probabilmente il dispiacere di vedere Paolo e Bàrnaba che partono, e nella terza addirittura c’era il rischio di contrapporre Mosè a Cristo e Cristo a Mosè. Quindi non erano privilegiati su di noi, non erano affatto in una situazione migliore della nostra; forse noi abbiamo problemi che sono meno urgenti dei loro, e a volte ci si perde per tante piccole strade nostre, personali, che sono strade a vicolo cieco perché o partono dalla paura, o partono da una falsa sicurezza, o partono da un interesse personale, o partono da una necessità per cui bisogna fare qualche cosa. E partendo con il piede sbagliato non arriviamo mai a un discernimento vero che porti consolazione e pace. 

Il digiuno 

Allora dalla comunità di Antiochia prendiamo l’esempio del digiuno, digiuno delle parole, digiuno dei pregiudizi, digiuno sugli interessi particolari, digiuno dalle paure. C’è veramente bisogno che ci sia una purificazione quando si vuole arrivare a un discernimento spirituale, perché senza la Croce non esiste il discernimento; è la Croce il crocevia dei vari pareri, delle varie situazioniè nella Croce che si purificano gli interessi personali; è nella Croce che si accetta la volontà di Dio. 

L’ascolto 

Le nostre comunità sono chiamate a essere carismatiche nel discernimento spirituale, un discernimento che non viene fatto in dieci minuti di Pastoraleci mettiamo un momentino in preghiera, poi apriamo la Parola, poi vediamo cosa pensi tu cosa penso io, abbiamo fatto il discernimento. Mi viene da dire che non è questa la strada, mi viene da dire che questo è un errore e se per caso dura da tanto tempo, corre il rischio di andare in cancrena. Noi siamo chiamati a una freschezza di ascolto della parola di Dio, all’attitudine all’ascolto, ascolto diuturno, ascolto continuo 

Il confronto sulla Parola  

È necessario il confronto tra di noi sulla Parola, non sulle paure, non sui preconcettiascolto sulla Parola, ascolto su quello che canta in cuore. Allora c’è una comunità in cui il Signore può mettersi dentro anche nelle nostre parole e fare in modo che quel poco che incominciamo a comprendere prenda forma. E il Signore darà certamente la consolazione, perché sappiamo che ad Antiochia, quando è arrivata quella famosa lettera che tutti conosciamo, la lettera ha infuso grande consolazione in tutta la comunità. Vuol dire che il discernimento era arrivato a compimento. 

Lasciare agire Dio 

Fratelli e sorelle, ho riflettuto brevemente per fare memoria di passi della Scrittura che tutti conosciamo, in un giorno in cui siamo chiamati a scegliere, in un giorno in cui magari si potrebbe dire che i giochi sono fatti. È una frase brutta perché sa un pochino di politica. Ma c’è la novità di Dio e Dio può fare le cose nuove. Permetteremo a Dio, anche quando noi pensiamo di avere già fatto una scelta, di venire e di capovolgere tutto? Certamente il Signore può farlo 

Allora cogliamo ciò che è essenziale anche noi. È essenziale che noi preghiamo, che noi ascoltiamo la Parola e che ci sia la carità fraterna. Se è salvo questo, non dico che i discernimenti sono fatti, ma la strada per un discernimento spirituale nelle comunità ha la via aperta. Amen 

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