Faccio parte del RnS da alcuni anni: il Signore ha fatto cose grandi nel mio cuore e nella mia vita. Quando sono arrivata al gruppo vivevo nella disperazione più profonda, avevo perso un figlio di sei anni in un incidente stradale. Il mio bimbo era stato investito da un automobilista in stato di ebbrezza. Era il 23 dicembre di qualche anno fa. Da quel giorno divenni un’altra: forti dosi di tranquillanti e compresse mi aiutavano a dormire. Ero scossa da un odio profondo nei confronti di quella persona, avevo sete di vendetta e non di giustizia, avevo deciso che se mai lo avessi incontrato gli avrei fatto fare la fine di mio figlio. I miei familiari, conoscendo le mie intenzioni, non mi avevano mai indicato chi fosse. La giustizia fece il suo corso, seppi che gli avevano ritirato la patente, che era stato condannato al carcere ma dopo poco condonato per buona condotta: le carceri erano piene e il suo reato fu giudicato tra i meno gravi. Non riuscivo a farmene una ragione, la perdita di mio figlio non era un fatto “grave”! Abbiamo un’attività commerciale che mio marito segue nella vendita. Una sera di un mese fa, rientrando a casa mio marito mi racconta una cosa incredibile. Nel pomeriggio era entrata nel negozio una signora mai vista prima, che chiedeva di fare una telefonata urgente: raccontava di un incidente in cui una persona era finita in ospedale. Non potendo lasciare l’attività incustodita, mio marito aveva assistito al dialogo telefonico, e alla fine aveva chiesto preoccupato cosa fosse successo. La signora raccontò di una sbarra di ferro caduta da un camion che aveva colpito un uomo alla spina dorsale, paralizzandolo. Inoltre, spiegò che l’uomo in questione era quello che anni prima aveva procurato un incidente nel quale aveva perso la vita un bambino di sei anni. Mio marito, con una calma donata solo dal Signore, mostrò la foto di nostro figlio alla signora dicendo: «Io sono il padre di quel bambino». La signora, sconvolta, cercò di riparare la situazione ripetendo che l’uomo meritava quanto gli era accaduto, ma con serenità mio marito le disse che nessuno di noi avrebbe voluto una tale situazione perché Gesù, il nostro Gesù, ci aveva insegnato ad amare anche chi ci aveva fatto tanto male. Ho ascoltato le parole di mio marito impietrita, pensavo a quest’uomo e non riuscivo a immaginarlo paralizzato. Capivo che non solo non provavo più desiderio di vendetta, ma mi dispiaceva profondamente quanto accaduto, fino a starci male. Quanti anni trascorsi nel tormento a pensare, immaginare, ricordare e poi tutto improvvisamente si era placato. Dio mi aveva cambiata, sentimenti nuovi erano entrati in me. Nel mio cuore, Dio aveva costruito a mia insaputa un “progetto Sicomoro”, e il perdono faceva ormai parte della mia vita! Qualche giorno dopo sono andata dal mio sacerdote, raccontandogli tutto e chiedendo di farmi da tramite per incontrare quella persona. Ora sono in attesa: appena starà meglio, se lui mi vorrà vedere, lo incontrerò per offrirgli la mia preghiera e il mio perdono.
Raffaella
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