La seconda giornata della XX Assemblea nazionale del RnS si apre con la Celebrazione eucaristica presieduta dal Consigliere spirituale nazionale, don Michele Leone. La sua omelia è focalizzata sul Vangelo di Luca (6, 27-38) il cui denso contenuto si può sintetizzare in una espressione lapidaria: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano.
La cifra della pagina evangelica al cento della Liturgia della Parola è al centro dell’omelia di don Michele Leone: il ribaltamento, la rivoluzione operata dalle parole di Gesù rispetto alla mentalità e alla cultura mosaica della legge del taglione che, per quanto fosse intenzionalmente indirizzata a commisurare correttamente la pena rispetto a un delitto, finiva con il creare una mentalità giustizialista: «Gesù chiede di dilatare l’amore fino ai nemici: questo non è secondo natura, secondo l’uomo di terra. La nostra natura reclama il contrario. Nell’offesa chiediamo la riparazione, nell’oltraggio le scuse». Don Michele spiega che questa pagina di Vangelo è «un test di verifica per comprendere se lo Spirito Santo vive in noi, se camminiamo nella vita nuova, se la grazia è operante, non solo “in mezzo a noi” o “su di noi”, ma “dentro di noi”. Siamo entrati nel mistero della paternità di Dio con il Battesimo, giorno in cui si è resa possibile la preghiera “Padre nostro che sei nei cieli…”. Potremmo dire che diventiamo pienamente figli nel giorno in cui viviamo come lui, misericordiosi come lui». Ecco, dunque, il caposaldo di questo Vangelo: «Il rapporto tra la misericordia che doniamo e la misericordia che riceviamo. La misura la stabiliamo noi. Il demonio ci accuserà davanti a Dio dicendo: “Quest’anima è mia, perché l’ho posseduta con questi peccati…”. Gesù ci difenderà dicendo: “No, quest’anima è mia, perché ha operato misericordia e riceverà misericordia”. Il segno dell’assenza dello Spirito è la mancanza di misericordia: se manca tra noi, nella famiglia, nella comunità, non c’è vita nuova. Le nostre danze di esultanza sono solo emotive». Il consigliere spirituale osserva ancora: «Non giudicate; dobbiamo partire prima di tutto da noi, perché ci auto-assolviamo da molte colpe e ci auto-accusiamo di altre. Lasciamo a Dio il giudizio su di noi. Tantomeno possiamo giudicare gli altri: cosa conosciamo dell’esistenza, della storia di una persona, anche per ciò che riguarda quei comportamenti che non sono secondo giustizia? Diceva padre Pio: “Se non puoi parlare bene del tuo fratello, taci”». Don Michele riprende il commento di Sant’Ambrogio a questa pagina del Vangelo di Luca, il quale dice che essa ci dà la possibilità aiutare il fratello nel cammino di conversione facendolo diventare, da nemico, amico: «Quando tu mostri il sorriso al tuo nemico – prosegue – attraverso la misericordia, lo metti in crisi. L’atteggiamento, la parola di misericordia scatenano in lui dinamismi di conversione». Tuttavia ci si potrebbe chiedere se davanti alle offese sia giusto fare finta di niente: «È vero che di fronte al male non si deve tacere, ma si deve anche saper parlare. Il silenzio non deve avallare l’ingiustizia, diventare complice dell’iniquità, ma la parola “buona” deve mettere in crisi». Don Michele richiama anche Sant’Ireneo, nel suo commento a questo Vangelo: «Gesù con questo Vangelo ha svuotato gli atteggiamenti malvagi del loro potenziale negativo verso noi stessi. Se sei stato depauperato di qualcosa, il tuo pensiero si concentra su quanto hai perduto e su chi te lo ha tolto e vivrai nel tormento. Se a chi ti toglie qualcosa tu lasci tutto, rendi libero il tuo cuore». In conclusione, una nota pastorale: «Triste vedere realtà nelle quali si affrontano banali questioni che accompagnano la vita pastorale generando male. Svuotiamo il male del suo potenziale distruttivo in noi! Se tutto questo avviene, allora è vita nuova nello Spirito ».
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