A cura di Lucia Romiti
«Comunque vadano le cose, Dio avrà l’ultima parola»
Papa Francesco, il 15 maggio 2022, ha dichiarato santo il beato Tito Brandsma, al secolo Anno Sjoerd, padre carmelitano olandese ucciso a Dachau il 26 luglio 1942. Giornalista e professore di filosofia all’Università cattolica di Nimega, padre Tito si era schierato apertamente contro l’ideologia nazista, facendosi portavoce della posizione ufficiale della Chiesa olandese.
Una morte santa
Padre Tito Brandsma era stato deportato nel campo di concentramento di Dachau, in Germania, nel giugno del 1942. Era arrivato in quel deserto umano di vessazione, violenza e solitudine, in condizioni di salute già precarie e compromesse. I tedeschi non l’avevano dunque ritenuto utile come prigioniero, e gli era subito stato assegnato un posto nell’ospedale del campo.
Qui, il 26 luglio, all’infermiera che gli si avvicina per somministragli l’iniezione di acido fenico che lo avrebbe ucciso, il sacerdote carmelitano olandese regala il rosario che un altro prigioniero aveva realizzato per lui. Quel rosario era fatto di bottoni e pezzetti di legno.
«Io non so pregare», gli dice la donna con stupore. «Non fa niente. Basta che lei dica: “Prega per noi peccatori”».
La donna si convertirà e, molti anni dopo, testimonierà in suo favore in occasione del processo di beatificazione.
La morte e la vita. La santità di padre Tito Brandsma non si legge solo negli ultimi mesi della sua esistenza terrena, da quando viene trasferito di campo in campo, fino a quello di Dachau, ma anche dagli anni precedenti quando, giornalista e professore universitario, si schiera apertamente e con forza contro l’introduzione delle leggi razziali in Olanda e in generale contro la follia nazista. Sostenendo senza compromessi che chi aderiva all’ideologia nazista non poteva dirsi cattolico.
Assistente della stampa cattolica, nel 1941 detta la linea ai giornali sui quali gli occupanti tedeschi volevano dettare la loro legge. Visita personalmente le redazioni trasmettendo un messaggio chiarissimo: «Le direzioni e le redazioni sappiano che dovranno rifiutare formalmente tali comunicati, se vogliono conservare il carattere cattolico dei loro giornali. E questo anche se un tale rifiuto conducesse il giornale a essere minacciato, multato, sospeso temporaneamente o anche definitivamente (…). In caso contrario non dovranno più essere considerati cattolici (…) e dovranno finire nel disonore».
Giornalista e insegnante
Parole senza appello che difendono l’uomo in quanto uomo, sostengono la verità contro l’ideologia, il concetto di creatura nelle mani di Dio contro quello di volontà di potenza. Scriveva il Sacerdote: «La persona umana rappresenta un impareggiabile valore, mentre il nazismo va contro la persona. Soltanto l’amore cristiano può vincere il neopaganesimo nazista (…). Comunque vadano le cose, Dio avrà l’ultima parola».
Padre Brandsma aveva scelto il nome “Tito”, lo stesso del padre, agricoltore, una volta vestito l’abito religioso. Al secolo, si chiamava Anno Sjoerd Brandsma ed era nato a Oegeklooster, presso la città di Bolsward, nei Paesi Bassi, il 23 febbraio 1881. Dopo una prima esperienza di alcuni anni tra i francescani, il giovane era entrato nell’Ordine carmelitano e a Boxmeer era stato ordinato sacerdote nel 1905.
In seguito, il dottorato in filosofia a Roma presso l’Università Gregoriana e gli studi di sociologia all’Istituto Leoniano, il ritorno in Olanda e l’insegnamento di filosofia all’Università cattolica di Nimega, che lui stesso contribuisce a fondare e di cui diventa rettore nel 1932.
Parallelamente, l’impegno giornalistico, la nomina di assistente ecclesiastico dell’Unione giornalisti cattolici e la traduzione delle opere di Santa Teresa d’Avila.
L’arresto
L’ultima lezione all’Università di Nimega di padre Tito Brandsma è del 19 gennaio 1942. Quel giorno viene raggiunto in convento, prelevato e rinchiuso nel carcere di Scheveningen.
Inizia ora il tempo finale della sua vita: la grazia non lo abbandonerà un solo istante. Un tempo in cui la vita spirituale di padre Tito si approfondisce con il dolore e l’isolamento, diventando vicina a quella di Cristo. Fino alla morte, vissuta con grande dignità. “La mia cella” è il diario in cui il Carmelitano olandese racconta quanto sta vivendo durante la prigionia, si sofferma sulla preghiera che lenisce la sofferenza.
Viene trasferito nel campo concentramento di Amersfoort e arriva a Dachau il 19 giugno 1942. Poco più di un mese dopo, il 26 luglio, viene ucciso nel primo pomeriggio di una domenica.
Padre Tito Brandsma era un uomo sereno, gioioso, mite. Un intellettuale brillante, amante della verità e della realtà. Un uomo a cui erano cari i temi dell’ecumenismo, dell’educazione e del perdono. L’ennesimo grande uomo che il nazismo ha sottratto al mondo e alla Chiesa.
Per il sacerdote carmelitano, il processo di beatificazione è iniziato pochi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale. Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato il 3 novembre 1985. Il 21 novembre scorso Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto per la canonizzazione.
Il miracolo
Il miracolo che ha permesso la promulgazione del decreto di canonizzazione del beato Tito Brandsma risale al marzo 2004. Un sacerdote carmelitano parroco a Palm Beach, negli Stati Uniti, viene a sapere dopo alcuni controlli medici di avere un melanoma nodulare maligno in uno stadio avanzato, e si affida all’intercessione di padre Tito Brandsma. In tanti pregano per lui il Beato olandese, una cui reliquia viene appoggiata sulle parti malate del sacerdote, che un mese dopo viene operato e guarisce perfettamente.
Esempi di santità
Il 21 novembre 2021 Papa Francesco, oltre al decreto per la canonizzazione del beato Tito Brandsma, ha firmato il decreto di canonizzazione della beata Maria di Gesù, fondatrice delle Suore cappuccine dell’Immacolata di Lourdes. Dal Pontefice sono stati autorizzati anche i decreti sulle virtù eroiche del vescovo di Molfetta, don Tonino Bello, e di altri cinque servi di Dio: Odette Vidal Cardoso, Giovanni di Gesù Maria, Giorgio Guzzetta, Natalina Bonardi, Maria Dositea Bottani. Diventeranno inoltre beati cinque sacerdoti francesi uccisi in odio alla fede il 26 maggio 1871, nel periodo della Comune parigina.
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