Di Francesca Cipolloni
Presentata a Roma la 16^ edizione del Rapporto italiani nel mondo 2021. Seppur meno rispetto al 2020, sono tanti i giovani connazionali che muovono all’estero in cerca di occupazione. Da parte della Chiesa italiana e dello Stato il sostegno a coloro che vivono la mobilità affrontando le conseguenze economiche e sociali scatenate dal Covid-19.
Un’Italia caratterizzata da un lungo, lunghissimo inverno demografico ma che, paradossalmente, “cresce” nello stabilizzarsi, sempre più fino a radicalizzarsi, all’estero senza fare ritorno nel Belpaese. Questo è il quadro che emerge dal Rapporto italiani nel mondo 2021 della Fondazione Migrantes, giunto alla sedicesima edizione e presentato martedì 9 novembre a Roma. Ad illustrare i dati: mons. Gian Carlo Perego, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio e Presidente della Commissione Episcopale per le Migrazioni della Conferenza Episcopale Italiana e della Fondazione Migrantes; monsignor Stefano Russo, segretario generale della CEI; Massimo Vedovelli, dell’Università per Stranieri di Siena; Antonio Serra, Coordinatore nazionale delle Missioni cattoliche; Delfina Licata, curatrice del Rapporto. L’edizione di quest’anno, come riferito nel portale della Fondazione, «si interroga e riflette su come l’epidemia di Covid-19 abbia influenzato la mobilità italiana. Cosa ne è stato dei progetti di chi aveva intenzione di partire? Come hanno vissuto coloro i quali, invece, all’estero già risiedevano? Chi è rientrato? Chi è rimasto all’estero? E cosa è successo ai flussi interni al Paese?». La risposta a questi interrogativi si staglia attraverso diverse indagini specifiche, riflessioni tematiche e un iter in 34 città del mondo dove vivono comunità italiane vivaci e residenti da più o meno tempo. Da qui, il “racconto” di storie, cifre, problematiche, punti di forza e criticità che permettono di cogliere in che modo, nei luoghi presi in considerazione, le italiane e gli italiani con la valigia in mano hanno affrontanto e stanno tuttora affrontando la pandemia globale. Il volume, infine, raccoglie «le analisi socio-statistiche delle fonti ufficiali (nazionali e internazionali) più accreditate sulla mobilità dall’Italia e si occupa, contestualmente, del movimento migratorio interno al Paese». La trattazione di questi temi «procede a livello statistico, di riflessione teorica e di azione empirica attraverso indagini quali-quantitative».
Destinazione Europa, in cerca di sicurezza lavorativa
Stando dunque al Rapporto, se l’emigrazione italiana è fisiologicamente calata nello scorso anno a causa del coronavirus, più di 109 mila connazionali, comunque, hanno varcato i confini nazionali per lavoro privilegiando per il 78,7% le destinazioni europee (soprattutto Regno Unito, seguito da Germania e Francia) rispetto agli USA o all’Australia. Coloro che hanno lasciato l’Italia per l’estero – da gennaio a dicembre 2020 – sono in prevalenza giovani, provenienti in gran parte dal Centro-Nord (69,5%), con Lombardia e Veneto nelle prime due posizioni. L’indagine esplora sia il mondo dell’emigrazione italiana ufficiale, iscritta all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), che quella ufficiosa. L’Italia emigrata al 1° gennaio 2021 contava 5.652.080 unità, il 9,5% degli oltre 59,2 milioni di connazionali residenti, equivalente al numero degli immigrati stabilmente residenti sul territorio nazionale. Al momento la mobilità degli italiani risulta diminuita, ma occorre considerare gli effetti post pandemia. Emerge inoltre che a lasciare il nostro Paese non siano solo figure di livello (ricercatore, medici, imprenditori), ma anche, e soprattutto, addetti all’edilizia, al turismo e alla ristorazione che sono rimasti senza lavoro. Il Rapporto prova a focalizzare anche la situazione in era Covid degli italiani ufficiosamente all’estero e occupati nei settori connessi al turismo, dove sono stati letteralmente “travolti” dalla crisi sanitaria: chi lavorava come dipendente in questo settore (con contratto a tempo determinato, non regolare o in nero) è stato totalmente penalizzato. Di indubbia rilevanza, l’apporto dato dalle Missioni cattoliche italiane, che hanno saputo intercettare le esigenze emerse soprattuto durante il lockdown.
La CEI: «attenzione prioritaria alle emigrazioni giovanili»
«La Chiesa in Italia ha in questo momento una priorità che è allo stesso tempo una preoccupazione pastorale: le nuove emigrazioni giovanili. Gli italiani emigrano oggi massicciamente e i giovani sono i protagonisti principali», ha sottolineato mons. Russo aprendo i lavori di presentazione. «Cosa siamo chiamati a fare – ha aggiunto – per i tanti fedeli di lingua italiana che arrivano all’estero oggi spinti dalla necessità di trovare una realizzazione personale e lavorativa? Non basta la sola assistenza morale e spirituale. La Chiesa deve essere compagna di vita per ciascuno di loro, la parrocchia una casa. Uno degli ambiti imprescindibili consiste in una autentica formazione al fine di vivere nella verità e nella carità che porti all’amore e alla cura dell’altro, profondo compito di spirito cristiano e sociale. La pandemia ce lo ha insegnato. Le necessità cambiano velocemente col mutare delle condizioni di vita e anche le espressioni di fede mutano, rifacendosi e adattandosi ai tempi di oggi sicuramente maggiormente digitalizzati a seguito della pandemia». Infine, il riferimento ad «un’altra Italia che non va dimenticata, della quale dobbiamo sentirci responsabili tutti, la Chiesa in Italia ma non solo. Mi riferisco agli italiani che sono all’estero da più tempo, magari in età avanzata e di quelle generazioni nate e cresciute all’estero ma che continuano ad avere legami profondi con il nostro Paese. Parlo delle comunità di lingua italiana più strutturate, da tempo ormai insediate in territori fuori dei confini italiani, ma che sentono forte la necessità di rinvigorire i legami rinnovando sentimenti di amicizia e affetto reciproci. La fede non elimina i dubbi, cambia l’atteggiamento rispetto alle difficoltà, fa andare avanti nonostante le contrarietà e i mille ostacoli».
Nel messaggio di Mattarella e di Sassoli il «valore» degli italiani all’estero
Nel messaggio indirizzato a Migrantes in occasione della presentazione del Rapporto, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, elogiando la valenza del report, ha evidenziato come «la Comunità di italo-discendenti nel mondo viene stimata in circa centottanta milioni di persone, cui si aggiungono gli oltre sei milioni di cittadini italiani residenti all’estero. La portata umana, culturale e professionale di questa presenza è di valore inestimabile nell’ambito di quel soft-power che consente di collocare il nostre Paese tra quelli il cui modello di vita gode di maggior attrazione e considerazione. Le “reti” che animano e costituiscono questo valore di italicità meritano riconoscimento e sostegno». «Se vogliamo costruire un’Unione più vicina ai cittadini, è necessario rafforzare l’accoglienza nei diversi Paesi europei, “prendersi cura” delle persone in modo sostanziale, mettere in atto misure integrative sociali e, soprattutto, potenziare tutte quelle iniziative a sostegno dei milioni di europei che vivono in condizioni di difficoltà o povertà», ha precisato inoltre il Presidente del Parlamento europeo David Sassoli nel suo messaggio, aggiungendo che «rispetto alle dinamiche migratorie l’Europa non può mostrarsi indifferente e soprattutto deve essere capace di indicare una via diversa rispetto al passato. Per fare questo servono regole che umanizzino i meccanismi globali. Se vogliamo rendere più unita e coesa la nostra società e se vogliamo davvero contribuire a definire un governo globale delle migrazioni, è necessario rafforzare quelle norme etiche comuni che stanno alla base della convivenza civile». Infatti, «oggi più che mai è necessario valorizzare quell’idea di cittadinanza globale e solidale che sta alla base di una società aperta e inclusiva».
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