Riportiamo di seguito il testo a cura di Salvatore Martinez, Presidente nazionale del RnS e, per nomina del compianto Benedetto XVI, già Consultore del Pontificio Consiglio per i Laici, del Pontificio Consiglio per la Famiglia, del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e già Presidente della Fondazione Vaticana “Centro Internazionale Famiglia di Nazareth”. A corredo, la foto allegata, che ritrae Papa Francesco e il Papa emerito Benedetto XVI, con un lume dal profondo valore simbolico.
«Il lume in ceramica che, in questa foto, sta sullo sfondo, tra due Papi. È un dono che portai a Benedetto XVI in una delle mie Udienze private. Fu realizzato, presso il Fondo Sturzo in Caltagirone, dai detenuti che, in regime di semilibertà, di giorno lavoravano la ceramica con regolari contratti di lavoro fuori dal carcere, assunti dalla Cooperativa sociale “Cura et Natura”. Era il 2009: da presidente della Fondazione “Mons. F. Di Vincenzo – l’Ente morale ed ecclesiastico che ha dato vita presso il Fondo Sturzo di Caltagirone al Polo di Eccellenza della solidarietà e della promozione umana “Mario e Luigi Sturzo”, tra le iniziative di carità animate dal Rinnovamento nello Spirito – portai al Papa questo lume in segno di gratitudine, al termine del Convegno Internazionale svoltosi a Catania / Caltagirone nel 50esimo della morte di don Luigi Sturzo. A questo evento Benedetto XVI si era voluto legare con uno speciale messaggio inviato ai partecipanti. Quando Papa Ratzinger rinunciò al ministero petrino e decise di ritirarsi nel Monastero dentro le Mura vaticane, non avrei mai pensato che volesse portare con sé, tre le cose care, nel suo piccolo e modesto appartamento, il lume in ceramica che aveva ricevuto in dono dai carcerati, da mani che avevano deciso di non offendere più, ma di costruire un futuro riscattato dal male nel povero entroterra siciliano. Questa foto “ufficiale”, messa in circolazione dai media vaticani in queste ore, mostra la cordialità tra i due Papi in uno tra i tanti incontri privati svoltisi nella dimora del Papa emerito, tra lui e Francesco. E rivela l’affetto che gli anni non hanno spento. Mi decido a rilanciare questa foto per evidenziare un’importante verità, poco segnalata in queste ore, proprio nel segno del lume che sta in mezzo ai due Papi: il lume della fede, che li ha uniti sin dall’inizio del Pontificato di Benedetto XVI. Pochi ricordano che la prima Enciclica, il primo scritto di Papa Francesco, nel 2013, l’Anno della Fede, si intitola proprio Lumen fidei. Una Enciclica “sulla fede” alla quale Benedetto XVI stava lavorando, per concludere la sua trilogia sulle virtù teologali, dopo la doppia Enciclica “sull’amore” – Deus Caritas est e Caritas in Veritate – e quella “sulla speranza” Spe salvi. L’avvento inatteso di Francesco non impedirà che questa Enciclica potesse venire “alla luce”: sarà, infatti, lo stesso Papa Bergoglio a fare sue le riflessioni del Papa emerito e a pubblicarle, con le aggiunte personali. Leggiamo qualcosa dai primi paragrafi di questa Enciclica Lumen Fidei (LF). È interessante vedere il richiamo da lui fatto al 50esimo del Concilio Vaticano II; ancor più ricordare che il 2022, anno di morte di Benedetto XVI, è stato il 60esimo dell’apertura del Concilio che Papa Francesco ha voluto onorare.
“La luce della fede possiede un carattere singolare, essendo capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo. La fede nasce nell’incontro con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore” (LF, 4).
“L’Anno della fede ha avuto inizio nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. Questa coincidenza ci consente di vedere che il Vaticano II è stato un Concilio sulla fede, in quanto ci ha invitato a rimettere al centro della nostra vita ecclesiale e personale il primato di Dio in Cristo” (LF, 6).
“Queste considerazioni sulla fede… intendono aggiungersi a quanto Benedetto XVI ha scritto nelle Lettere encicliche sulla carità e sulla speranza. Egli aveva già quasi completato una prima stesura di Lettera enciclica sulla fede. Gliene sono profondamente grato e, nella fraternità di Cristo, assumo il suo prezioso lavoro, aggiungendo al testo alcuni ulteriori contributi” (LF, 7).
Dunque, un lume in ceramica, fatto di terra e dunque fragile, che può sempre rompersi, ma che deve rimanere ben visibile e acceso: a questo serve! Come lumen fidei, la luce della fede in Cristo. Mai potrà spegnersi, perché nessuno potrà mai cancellare dalla storia Gesù, che da 2000 anni nasce e rinasce e di sé dice: “Io sono la luce del mondo” (Gv 8, 12). Sì, Lui, la Luce, che deve illuminare l’esistenza di ogni uomo e la vita della Chiesa e del mondo!».
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