La scomparsa del magistrato Vittorio Aliquò, tra gli iniziatori del RnS a Palermo
di Francesca Cipolloni
Sposato con Giovanna, padre e nonno. Si definiva prima di tutto così Vittorio Aliquò, magistrato e figura storica del Rinnovamento nello Spirito Santo in quanto ne fu uno degli iniziatori a Palermo, salito alla Casa del Padre domenica 28 febbraio 2021. Già Procuratore generale di Palermo, dove nacque nel 1936, Aliquò non fu un Pubblico ministero qualsiasi e, nella sua lunga e onorata carriera (ha prestato servizio in magistratura dal 1961 al 2009, prima nel settore civile, poi nel penale), ebbe modo di impegnarsi attivamente in un contesto “scomodo”, di urgente quanto delicata attenzione in terra siciliana. Fu lui infatti a passare alla storia firmando l’arresto di Totò Riina, allora a capo della cupola mafiosa. Attraversò tutta la scala delle funzioni requirenti, partecipando ad ogni attività giudiziaria possibile. L’indimenticato anziano del RnS fu uno dei giovani magistrati a cui i Procuratori della Repubblica, succedutisi nel tempo, affidavano le principali indagini penali, comprese quelle di mafia. Agli inizi degli anni Ottanta si vide affidati anche i primi “pentiti” e poi, passato alla Procura Generale, seguì fra l’altro l’appello del processo Spatola-Sindona e il primo maxi processo alla mafia. Poi, da Procuratore della Repubblica Aggiunto, dal 1991 al 1997 ricevette la delega per la Direzione distrettuale antimafia. Aliquò conosce il Rinnovamento negli 1975 e ne diventa subito parte con grande zelo insieme alla moglie: fu tra i primissimi in Sicilia, assieme a Padre Matteo La Grua. In occasione del Progetto “10 Piazze per 10 Comandamenti”, promosso dal RnS proprio nella ‘sua’ Palermo, chiamato a portare una testimonianza su “Non ucciderai”, il 21 settembre 2013, ripercorrendo le tappe salienti del suo percorso professionale, ebbe a dire: «Le circostanze la mia vita e quella della mia famiglia sono state tutt’altro che facili. Sono venuto a contatto con ogni tipo di bruttura e di criminalità. Per oltre venti anni ho dovuto vivere da scortato, passando anche i pochi momenti di vacanza e di relax in strutture protette. La domenica dovevo recarmi ogni volta in una Chiesa diversa per partecipare alla Santa Messa e dovetti rinunciare del tutto a frequentare le riunioni del Rinnovamento nello Spirito. In queste condizioni di “sorvegliato speciale” potevo pregare in silenzio, specie per i tanti morti ammazzati e per i loro uccisori; qualche volta anche raccogliere confessioni non soltanto in senso giuridico, ma anche nell’espressione del pianto e del pentimento, nell’implorazione di una parola buona, a cui spesso non potevo rispondere». A proposito di quel capolugo martoriato da omicidi in serie, sequestri di persone quasi mai ritrovate, rapine ed estorsioni aggiunse poi che «forse è anche giusto rimuovere ricordi dolorosi, ma la memoria di tanto, tanto sangue sulle strade, non può essere cancellata. Anzi non deve essere cancellata! Oggi, ancora oggi, il sangue di questi giusti grida al cospetto di Dio!». Sempre nella stessa circostanza, il magistrato parlò ai presenti con assoluta convinzione: «Se oggi gran parte delle strutture di mafia sono state demolite, se l’organizzazione criminale è indebolita, ancorché non vinta e ancora capace di riorganizzarsi, lo dobbiamo al coraggio e al sacrificio di molti, ma certamente anche alla intercessione dei caduti, al sangue da loro versato, anzi, spesso offerto con piena consapevolezza. Questi chicchi di grano caduti in terra il Signore ha fatto crescere, sta facendo crescere, per portare nel mondo la giustizia e la pace». Di questi stessi semi di bene e del suo appassionato e prestigioso incarico, ricoperto per quarantotto anni, Vittorio Aliquò decise di lasciare un segno tangibile per i posteri: in un suo libro, pubblicato nel 2011 e intitolato “Il ricordo e la speranza”, volle difatti ricordare i tanti magistrati, componenti delle forze dell’ordine, imprenditori, giornalisti e semplici cittadini con cui aveva lavorato o che aveva incontrato negli anni di lavoro, caduti per mano della mafia. Un elenco di nomi scolpiti nelle coscienze, doloroso ma fondamentale, quale testimonianza per tutto il Paese e per le generazioni che verranno: Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino, Nino Saetta e a suo figlio Stefano (che pure frequentava il Rinnovamento), Rocco Chinnici, Pietro Scaglione, Gaetano Costa, ma anche a Ninni Cassarà, Boris Giuliano, Vito Ievolella, Mario D’Aleo, Piersanti Mattarella, Paolo Giaccone, Mario Francese, Emanuela Loi e a molti altri. E fra questi, non certo ultimo, il Beato Don Pino Puglisi. All’interno del RnS, nonostante le difficoltà a comparire in ragione del suo alto ruolo, Aliquò non ha mancato di rendere pubblica testimonianza della sua fede carismatica anche in altri importanti momenti. Si pensi alla Convocazione Nazionale del RnS a Rimini, nel 1999, e, soprattutto in Piazza San Pietro, per la 38^ Convocazione Nazionale svoltasi nel 2015 dinanzi a Papa Francesco. Era il 3 luglio e, con disarmante autenticità si presentò come «un sopravvissuto, venuto a contatto con ogni tipo di criminalità. Un graziato dal Signore, perché Gesù, nella mia vita, è sempre stato il più forte; davvero posso affermare che il primo posto è sempre stato il Suo. Quanta grazia dello Spirito Santo mi ha assistito, perché non diventassi io il padrone delle vite degli altri, io idolo di me stesso e Lui, solo Lui, rimanesse il Signore e il vero Giudice. Ho imparato che niente più della preghiera e dell’adorazione combattono il male. Nel Rinnovamento ho toccato con mano che la giustizia senza misericordia è la peggiore ingiustizia che un uomo possa subire, anche quando è colpevole e deve scontare una pena. “Beati i perseguitati per causa della giustizia”. Chi soffre per causa della giustizia non è mai un vinto, è sempre un vincitore, specie se crede in Colui che ha il potere di cambiare il lutto in gioia». Commosso è anche il ritratto che di lui e della sua sposa ne tratteggia il Predidente del RnS, Salvatore Martinez. «I coniugi Aliquò – afferma – sono stati tra i primi convinti diffusori del RnS a Palermo. Tanti ricordi mi legano alla loro famiglia, sempre così fedele alla grazia del nostro Movimento. Il Signore riservava poi a Vittorio una vita piena di insidie e responsabilità, in primissima linea nella lotta alla mafia, di fatto uno dei pochi magistrati risparmiati alla morte violenta. Non dimenticherò la sua serenità interiore, la sua umiltà e il rispetto che esternava per la dignità delle persone; ma soprattutto il suo amore per la preghiera e per la profezia, che hanno cadenzato e accompagnato tutta la sua carriera di magistrato». Appassionato di Scienze Naturali, grazie ai suoi studi entomologici e alla sua collezione di 80 mila coleotteri, dall’Università di Palermo, nel 2014, venne insignito inoltre della laurea honoris causa in Biodiversità ed Evoluzione nel 2014. Senza ombra di dubbio adesso il “traguardo” più importante il caro fratello del RnS lo ha raggiunto accanto a Dio, di cui è stato esemplare voce su questa terra, attraverso i suoi incoraggiamenti costanti «ad accogliere il bene, a ringraziare e glorificare Iddio e a collaborare alla sua opera», esattamente alla sequela di Gesù: «Non voi avete scelto me ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga».
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