Benedetto ci lascia nel Giubileo d’Oro del RnS in Italia. Ci lascia una meravigliosa paternità spirituale ed ecclesiale, un patrimonio che ha segnato il Novecento e i primi passi del nuovo Millennio. Ci lascia nel cuore un desiderio profondo di preghiera di ringraziamento per le sofferenza silenziosamente offerta per il superiore bene della Chiesa, per le tante incomprensioni e ingiustizie gioiosamente tramutate in preghiera a Dio. Ci lascia un solco di silenzi e di parole inascoltate che lo fanno grande ai nostri occhi e certamente dei posteri, sommessamente grande, come lo sono i santi. La storia avrà molto da emendare al ricordo di questo Pontefice, troppe volte ingiustamente e inadeguatamente descritto per la sua fede in Gesù e per il genio spirituale con cui lo ha presentato e rappresentato al mondo.
Benedetto XVI ha concluso la sua vita senza varcare la soglia del nuovo anno 2023. Non certo il “Papa della grande rinuncia”, come i più si sono affrettati a definirlo, quanto “il Papa della sofferta offerta”. La grazia presuppone la natura: quando questa è fortemente sfidata, la grandezza di un uomo sta nel riconoscere il proprio limite, proprio perché non sia vanificata la grazia che Dio assicura alla sua Chiesa.
Così, Benedetto XVI, invocando in vita egli stesso un Successore, ha ribaltato il valore del “servizio sul potere”, dando all’umiltà un primato che mai si era visto e udito prima. Ritirandosi in monastero, il Papa emerito si silenzierà e, alla fine, perderà lo stesso uso della parola, Lui che alla Parola ha dato una forza, uno slancio, un’intelligenza, un dinamismo davvero degno dei grandi Padri della Chiesa. Se non fosse che la stagione dei Padri della Chiesa si considera chiusa con il Medioevo cristiano, bisognerebbe assegnargli questo titolo, come al Suo predecessore e grande amico Giovanni Paolo II spetterebbe quello di “Magno”.
Benedetto XVI nasce al Cielo nel 60° anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano, ai cui lavori prese parte, contribuendo a ridisegnare il ruolo della Chiesa nella storia. Nel tempo in cui tanta gente lascia la fede oppure non trova nella vita della Chiesa un’istanza contagiosa di nuova vita, la testimonianza di amore al “Corpo vivente di Cristo” di Papa Ratzinger è certamente una delle eredità più vive. Non si può dire di amare Cristo senza Chiesa o fuori dal suo Magistero e dalla sua viva tradizione: è lo stesso Papa Francesco ad averci ricordato ciò che Benedetto ha continuamente insegnato, proprio in occasione della Messa celebrata per questo storico anniversario.
Benedetto XVI, in linea di continuità teologico-pastorale con Giovanni Paolo II, vedeva nei Movimenti e nelle Nuove Comunità un segno distintivo della vitalità, del dinamismo, della missionarietà della Chiesa; e nella “dimensione carismatica” il profilo coessenziale a quello “istituzionale – sacramentale” nella costituzione dogmatica della Chiesa.
“Collaboratori del ministero petrino”, ebbe a chiamarci nella storica “Pentecoste con i Movimenti”, alla vigilia della Solennità, nel 2006, 8 anni dopo “la prima” con san Giovanni Paolo II. Ebbi, in quella circostanza, il privilegio di prendere la parola in Piazza san Pietro per preparare la venuta del Santo Padre e per ribadire il primato dello Spirito nella vita del credente, in accordo al Magistero di Benedetto XVI.
Il Papa ebbe a nominarmi suo Consultore in tre Dicasteri: al Pontificio Consiglio per i Laici, al Pontificio Consiglio per la Famiglia, al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Poi avrebbe affidato al RnS il sogno di papa Wojtyla: la costruzione di un Centro per la famiglia a Nazareth. Benedetto volle così erigere la Fondazione Vaticana “Centro Internazionale Famiglia di Nazareth” di cui divenni Presidente.
Ho avuto così modo di seguire da vicino e con affetto il Suo Pontificato: la Sua cordialità disarmante, la sua lungimiranza, propria di chi sapeva coniugare una sterminata cultura al realismo cristiano, sono davanti ai miei occhi come una gigantesca montagna di grazie.
Nel 2012, sempre alla vigilia di Pentecoste, in Piazza San Pietro, Benedetto XVI volle festeggiare con il RnS i 40 anni di presenza in Italia. Tre giorni prima era stato arrestato il Suo maggiordomo; ripenso alla sua mano tremante, che stringeva forte la mia, dinanzi ai 30.000 fratelli e sorelle che erano giunti da tutta Italia per regalargli gioia e dargli coraggio. Non era stata la prima volta che ci eravamo stretti attorno a lui, per reggere alte le sue mani, come quelle di Mosè”, il grande intercessore, nel tempo del combattimento e della prova.
Benedetto ci lascia nel Giubileo d’Oro del RnS in Italia. Ci lascia una meravigliosa paternità spirituale ed ecclesiale, un patrimonio che ha segnato il Novecento e i primi passi del nuovo Millennio. Ci lascia nel cuore un desiderio profondo di preghiera di ringraziamento per le sofferenza silenziosamente offerta per il superiore bene della Chiesa, per le tante incomprensioni e ingiustizie gioiosamente tramutate in preghiera a Dio. Ci lascia un solco di silenzi e di parole inascoltate che lo fanno grande ai nostri occhi e certamente dei posteri, sommessamente grande, come lo sono i santi.
La storia avrà molto da emendare al ricordo di questo Pontefice, troppe volte ingiustamente e inadeguatamente descritto per la sua fede in Gesù e per il genio spirituale con cui lo ha presentato e rappresentato al mondo.
(*) presidente Rinnovamento nello Spirito
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