Si è rivelato un momento di straordinaria partecipazione e autentico dialogo l’Incontro dei Vescovi e Sindaci del Mediterraneo, riuniti dal 23 al 27 febbraio a Firenze, ispirato dall’opera dell’indimenticato sindaco Giorgio La Pira. Il doppio forum, in chiave ecclesiale e civile, ha riunito i 30 Paesi che si affacciano sulle sponde mediterranee, con il costante pensiero e la preghiera rivolti al popolo ucraino assediato dalla guerra. Nonostante la mancata presenza di Papa Francesco, la Santa Messa conclusiva presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della CEI, ha rappresentato il culmine di queste cinque giornate da cui è scaturita la Carta di Firenze, siglata nel segno della pace.
«Un ponte tra l’Europa e l’area del Mediterraneo: pace, sviluppo sociale ed economico, cultura e relazione tra i popoli». Lo slogan che campeggia sullo sfondo dell’Auditorium del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino comunica quella speranza, ora più che mai necessaria, mentre soffiano violenti i venti di guerra tra Russia e Ucraina. Nella giornata in cui viene firmata l’attesa Carta di Firenze (clicca qui: https://www.mediterraneodipace.it/the-florence-charter/), sigillo dell’Incontro che, dal 23 al 27 febbraio, ha visto riuniti a Firenze i Vescovi e i Sindaci del Mediterraneo (clicca qui), si tracciano le conclusioni e un primo, incoraggiante “bilancio” dalle cinque giornate che hanno visto impegnati, in un proficuo e approfondito dialogo: i Pastori, riuniti dopo l’incontro di Bari svoltosi nel 2020, per raccogliere nella città di Giorgio La Pira, la sua stessa aspirazione e il coraggio nell’operare per l’unità dei popoli; i Primi Cittadini, che pure hanno voluto radunarsi, anch’essi ispirati dal Sindaco “santo” fiorentino, per studiare e lavorare per la pace, la giustizia e la convivenza fraterna nelle proprie città. Non c’è traccia di mare nel capoluogo toscano, ha affermato il sindaco Dario Nardella, eppure il Mediterraneo, in questa speciale occasione, ha realmente “cullato” le proposte, la progettualità e gli intenti delle Chiese e delle comunità civili che lì si affacciano e che guardano a questa delicata stagione, ancora condizionata dal Covid-19, con un obiettivo nitido: promuovere concretamente la pace secondo un’ottica interreligiosa, coniugando spiritualità e Bene comune a partire da scenari multietnici. Un dialogo che, come espresso dallo stesso Nardella a margine della firma della Dichiarazione di Firenze, «è faticoso da costruire, perché è molto più semplice dividere che unire! Non era una certezza poter arrivare a questo punto, firmare una Carta di intenti capace di avvicinare persone di diverse culture e sensibilità: un impegno per cui occorre volontà. Senza mai dimenticare che la radice della parola potere è “poteo”: ossia, poter fare, che è cosa ben diversa dal voler imporre la propria volontà sugli altri. Questo è il sentire che scaturisce da questo Incontro e che condividiamo come Sindaci, con l’augurio che questi giorni così faticosi eppure gratificanti ci diano la giusta energia per cambiare le cose, con un ringraziamento a quanti oggi sono qui, restituendo a Firenze quel ruolo che Giorgio La Pira aveva visto di più e meglio di altri». Parole che suonano decisamente attuali, ricordando che fu proprio lui, in piena Guerra Fredda, a volare fino a Mosca, al Cremlino, per parlare al Soviet e tentare di coltivare quel dialogo oggi al cuore dell’assise, intitolata «Mediterraneo frontiera di pace», fortemente promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana. Intensi e scanditi da una fitta agenda, con lo sguardo e, soprattutto, la preghiera e la vicinanza umana costantemente rivolti all’Ucraina assediata dalle truppe russe nella guerra appena dichiarata, i lavori si sono chiusi domenica mattina, arricchiti dalle testimonianze dalle figure più emblematiche dei Paesi coinvolti e il discorso conclusivo del cardinale Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e Presidente della CEI, che ha poi presieduto la Concelebrazione eucaristica finale nella Basilica di Santa Croce. Come noto, l’evento si sarebbe dovuto svolgere con la visita di Papa Francesco, bloccato in Vaticano da una acuta gonalgia (clicca qui), ma si è comunque respirata forte, nella Città di Dante, una viva comunione e una accoglienza decisamente superiori alle attese, in una opportunità senza precedenti che, in totale, ha visto rappresentati tre Continenti e presenti 30 Nazioni legate al “grande lago di Tiberiade”, 65 Sindaci dell’intera area geografica interessata e 58 fra Cardinali, Patriarchi e Vescovi. Tra timidissimi raggi di sole in una giornata dal clima invernale, ha indubbiamente scaldato gli animi l’arrivo del Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, che, all’indomani della sua rielezione al Colle, ha subito voluto fissare in agenda questo appuntamento, momento decisivo per il nostro Paese alle prese con la rinascita post pandemica e un conflitto armato che ci interpella da vicino. Al contempo, da questo spazio assembleare fiorisce anche una iniziativa a misura di giovane. Voluto dalla CEI e varato dalla sua Presidenza, il Consiglio dei giovani del Mediterraneo costituisce, infatti, una novità orientata al domani attraverso l’eredità lasciata da La Pira e affidata a quattro realtà tutte fiorentine – la Fondazione Giorgio La Pira, il Centro internazionale studenti Giorgio La Pira, l’Opera per la gioventù La Pira e la Fondazione Giovanni Paolo II -, con un organismo composto dai ragazzi (dai 18 ai 28 anni) indicati dalle Conferenze episcopali nazionali e dai vari Sinodi delle Chiese orientali cattoliche. Alle sedute parteciperanno anche i giovani del bacino al centro dell’itinerario formativo della CEI che coinvolge Rondine-Cittadella della pace.
A Palazzo Vecchio, la conclusione dei lavori dei due forum
È l’antico Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a fare da suggestiva cornice per le sintesi dei due meeting ecclesiale e civile, racchiuse nella Dichiarazione congiunta firmata il 26 febbraio. Introdotti e moderati dal sindaco Dario Nardella, hanno portato la testimonianza nomi importanti del mondo mediterraneo. Come il cardinale Cristóbal Lopez Romero, Arcivescovo di Rabat, in Marocco, il cui augurio è di «fare del Mediterraneo l’archetipo, il modello di mondo globale dove vivere in unità, integrando nella fraternità persone di origini e identità diverse. Non eliminare le differenze ma arricchirle». Assieme a lui, il Sindaco di Atene, Kostas Bakoyannis, e monsignor Zelimir Puljic, Arcivescovo di Zadar, Presidente della Conferenza Episcopale di Croazia, a cui ha fatto seguito il contributo di Moshe Lion, Sindaco di Gerusalemme: «Gerusalemme è nel cuore di tutti i popoli. Ognuno ha il suo posto nella Città Santa dove ci sono luoghi sacri per l’umanità intera e per tutte le religioni. Noi siamo impegnati per difendere e portare la pace in tutto il mondo, nel pieno rispetto di tutte le differenze che ci sono fra gli uomini». Particolarmente interessante la testimonianza di Ekrem İmamoğlu, Sindaco di Istanbul – intervenuto dopo monsignor Rami Flaviano Al-Kabalan, Procuratore a Roma del Patriarcato di Antiochia dei Siri – che per “voce” di una Turchia sempre più affaticata da complesse dinamiche politiche e diplomatiche, ha affermato che «la nostra storia è quella del bene e del male e il Mediterraneo ha un ruolo importante in questa storia. Il Mare Nostrum è un luogo di grande cultura e bellezza, ma queste non sono di proprietà di nessuno. Chi vede questo nostro mare così, sbaglia. E soprattutto vuole il male delle civiltà. Per questo dobbiamo combattere il male, perché Dio protegge chi difende il bene, e non importa a quale religione appartiene. Per questo è fondamentale lavorare per il bene dell’umanità. Allontaniamoci dall’arroganza. La bontà e il bene sono il nostro fondamento». Riflessioni, dibattiti, idee e propositi quelli generati dai tavoli di confronto che non corrispondono a mere utopie, bensì a vie maestre per cementare, passo dopo passo, quell’universo pacifico da consegnare alle future generazioni. Un orizzonte, non un miraggio, fatto di ponti e non di muri, come evidenziato da Bassetti nel concludere il prestigioso il meeting, «perché se è vero che il Mediterraneo è un continente di acqua, i muri nell’acqua si fanno male: sono meglio i ponti per congiungere i vari punti del mare. Che davvero di questo incontro – ha ribadito – rimanga il desiderio di un’amicizia stabilita, e che questa amicizia possa portare, se Dio non vuole, dei grandi frutti». Quindi, un momento vissuto alla sola presenza dei cardinali Bassetti e Betori assieme al sindaco Nardella, svoltosi in forma privata ma impresso negli animi di tutti: l’abbraccio, nella Sala d’Arme, con alcune famiglie di rifugiati e profughi, verso la cui condizione il Pontefice richiama costantemente gesti prossimità e carità. Massiccia, inoltre, è stata la copertura mediatica con cui le maggiori testate di ispirazione cattolica, oltre ai giornali locali, hanno seguito lo svolgersi dei lavori a Firenze, con collegamenti in diretta, in particolar modo su Tv2000, servizi di cronaca, focus di approfondimento ed editoriali. Come quello pubblicato da «La Nazione», in cui la direttrice Agnese Pini, presentando ai lettori lo speciale ideato dal quotidiano per l’evento evidenzia: «Come possiamo dialogare con gli altri senza prima conoscere noi stessi? Come possiamo evitare il conflitto senza fronteggiare prima il nemico che sta dentro di noi? Senza guardarci in faccia, senza metterci in discussione, senza ammettere la verità più semplice e più potente: la comprensione del prossimo non può prescindere dal fare i conti con noi stessi. Laicamente o religiosamente, ispirati ciascuno dal proprio credo, dalla propria fede, dal proprio ideale». Anche «L’Osservatore Romano», ovviamente, ha riservato titoli all’appuntamento, con la consapevolezza, come si evince dalla firma di Giovanni Emidio Palaia, che le città che devono tornare protagoniste non sono «città-museo, ma città-fari, città sante, città nelle quali zampillerà sempre, per tutte le generazioni e per tutti i popoli, una luce inestinguibile di grazia e di civiltà». E se su «Avvenire» Andrea Fagioli nota che «si può anche dire che le cose più belle di Firenze sono state fatte quando è stato più forte il legame tra le radici religiose e la vita del popolo. Il David di Michelangelo, simbolo religioso che diventa simbolo civile, è l’esempio più evidente», Agostino Giovagnoli, docente dell’Università Cattolica, spiegando tra le pagine de «La Repubblica» la modernità dei Colloqui Mediterranei organizzati tra il 1958 e il 1964 dall’allora sindaco di Firenze, pone in luce che «La Pira tutto era fuorché un politico tradizionale», con un carisma concentrato «nell’aprire scenari, indicare piste possibili, indirizzare chi doveva decidere». Con ricadute politiche e un lascito per la storia dell’Italia decisamente non indifferenti.
La Santa Messa di chiusura nella Basilica di Santa Croce
«Anche oggi – in questa domenica segnata purtroppo dalle terribili notizie provenienti dall’Ucraina – la Parola di Dio illumina le nostre esistenze. Non ci aliena dalla realtà, ma al contrario ci chiede di andare al cuore dei problemi e di porre così le basi per un mondo migliore». Esordisce così il Presidente della CEI nel presiedere la Concelebrazione eucaristica finale, rammentando inoltre che «c’è dietro una sapienza tutta mediterranea, che dovremmo imparare ad apprendere di nuovo: quella del confronto continuo. Anche la fede cristiana non è indottrinamento né autoconvincimento, ma ascolto di chi ci ha preceduto e confronto con altri compagni di viaggio». E ancora: «Abbiamo bisogno di continuare a confrontarci con il Signore e con gli altri: rinchiusi nella nostra solitudine, come singoli, come Chiese e come popoli, rischiamo di trovare soluzioni inappropriate, se non distruttive. Ed è questa l’esperienza che abbiamo fatto, ascoltando le varie storie provenienti dalle sponde del Mediterraneo: il confronto ha favorito la comunione e la fraternità». Per queste popolazioni il cardinal Gualtiero Bassetti spera che «possano essere testimoni per il mondo intero di una pace possibile, quella che parte dal cuore convertito al Vangelo e produce scelte concrete per il bene di tutti»: è in questo contesto geografico, infatti, che «il Figlio di Dio ha deciso di nascere e dove il suo Vangelo ha compiuto i primi passi, diventare una immensa cassa di risonanza di questo messaggio di fraternità». Alla sua omelia ha fatto eco il saluto conclusivo del cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze, che ha subito espresso «viva gratitudine» al Papa, che «ha sostenuto questo evento dei vescovi e dei sindaci nella sua preparazione e che solo un’improvvisa indisposizione tiene oggi fisicamente lontano da noi. A lui ci sentiamo vicini con il cuore, augurandogli pronta guarigione e assicurandogli che la nostra preghiera lo accompagna, come sempre, nel suo ministero. Non meno profonda è la nostra gratitudine al presidente Mattarella, riferimento saldo dell’identità della nostra nazione, amico di Firenze, che con la sua presenza tra noi suggella il valore del nostro incontro». Oltre a ringraziare la Conferenza Episcopale Italiana e «il caro amico don Gualtiero, prete fiorentino», il Cardinale ha indirizzato un pensiero «alla gente dell’Ucraina, la cui sofferenza vogliamo sia circondata dalla nostra preghiera, mentre facciamo appello a chi ha nelle mani il governo dei popoli di convertire i cuori e le decisioni al cuore e ai progetti di pace di Dio, che è padre di tutti». Un ringraziamento, infine, a «voi, vescovi e sindaci, che avete accolto questo invito per individuare soluzioni di fraternità e pace per costruire città più giuste e inclusive», includendo anche i collaboratori, i funzionari pubblici, i volontari, le Forze dell’ordine e quanti, «con competenza e dedizione», hanno garantito l’organizzazione di questo forum. Prima di ascoltare l’Angelus pronunciato dal Santo Padre in piazza San Pietro e l’abbraccio al Presidente Mattarella, un affettuoso, “genuino” ma significativo pensiero il card. Bassetti lo ha voluto rivolgere alla sua gente, ai fedeli radunati in piazza nonostante il freddo pungente che attanaglia Firenze in questo periodo dell’anno: «Grazie a nome della Chiesa per la vostra sofferenza, frutto prezioso per quanto fatto e vissuto in questi giorni». Destinati a rimanere scolpiti nella memoria di tanti, oltre i confini del Mediterraneo, nelle “agorà” vicine e lontane.
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