«Custodisci ciò che ti è stato affidato» (1 Tm 6, 20a). “Corrente di grazia come deposito di grazie per un ‘giubileo permanente’. Preghiera comunitaria carismatica e Seminario di vita nuova nello Spirito per la costruzione di un cammino comunitario“. Questo il tema affrontato dal Coordinatore nazionale Mario Landi, che rintraccia alcuni elementi essenziali sulla natura del Rinnovamento tra i discorsi di Papa Francesco e dei suoi predecessori rivolti al RnS.
Di Mario Landi – Coordinatore nazionale RnS
Adottiamo criteri spirituali!
Per stabilire chi sia un responsabile non si deve pensare a chi accetta semplicemente di svolgere una conduzione pastorale, ma a chi sente la responsabilità morale e spirituale di custodire il Rinnovamento nello Spirito. La nostra, prima di essere una responsabilità pastorale, è una responsabilità spirituale. Noi invece molto spesso confondiamo i due piani.
Essere responsabili nel RnS significa:
- avere ricevuto una visione, una chiamata a vivere nel Rinnovamento, attraverso la quale, ciascuno per la sua parte, la sua esperienza e la sua storia, ne diventa custode e promotore;
- custodire il RnS: è molto di più che servire dopo aver ricevuto l’autorità di farlo. Succede molto spesso che i veri pastori non siano gli eletti ma coloro che testimoniano la capacità di custodire il RnS. Questa contraddizione è chiara quando, ad esempio, abbiamo persone chiamate a responsabilità “normativa” che non riescono ad aggregare altri, e persone senza alcun tipo di responsabilità che diventano invece veri e propri punti di riferimento.
Papa Francesco, in occasione della 38ͣ Convocazione nazionale del Rinnovamento in Piazza San Pietro, parlando a noi ma attraverso di noi a tutta la Chiesa, ha affermato di preferire il termine “servitore” a quello di “leader” quando ci si riferisce a chi ha una responsabilità pastorale. È vero però che noi abbiamo bisogno di servitori che abbiano un grande senso di responsabilità, che si sentano responsabili di qualcosa. Essere responsabili del RnS significa custodire un’opera di Dio; il Rinnovamento non soltanto ci precede e ci supera nel tempo – qualcuno ce l’ha consegnato e noi lo consegneremo ad altri –, ma è iniziativa di Dio, non opera umana. Se un minimo comune denominatore è rintracciabile nel pronunciamento dei Pontefici in cinquanta anni di storia è il riconoscimento del fatto che il Rinnovamento è opera dello Spirito. Perciò dobbiamo cercare di accogliere le parole di Paolo ai Corinzi: «Ma a noi Dio ha rivelato queste cose per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo Spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, bensì insegnate dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali» (1 Cor 2, 10–13).
Di fronte a un’opera dello Spirito siamo chiamati allo sforzo di ragionare con i criteri dello Spirito; direbbe san Giovanni Paolo II, ad avere le ragioni dello Spirito.
Sul RnS il discernimento dei Papi
Parlare del RnS come corrente di grazia senza usare i criteri spirituali può comportare il rischio di affidarsi a una visione umana o addirittura ideologica. Dire che il RnS è un’opera di Dio, una corrente di grazia, significa assumere un linguaggio, una visione, una comprensione che supera gli schemi ordinari della riflessione umana; significa avere la consapevolezza che non ci troviamo di fronte a un’istituzione, a un’organizzazione, a una filosofia, a un’interpretazione ideologica, ma a una dimensione esistenziale permeata dallo Spirito Santo. A questo proposito, al numero 11 della Gaudium et Spes si parla di discernimento e di segni dei tempi: il concilio Vaticano II ci dice che scorgere i segni dei tempi, cioè comprendere l’opera di Dio nel tempo storico in cui ci si trova a vivere, è da farsi alla luce dello Spirito Santo, altrimenti diventa analisi sociologica, lettura personale, magari anche teologica o ecclesiologica, ma non dello Spirito.
Noi dobbiamo leggere la nostra esperienza con gli occhi di Dio: è un’esperienza variegata, stratificata, che si è manifestata diversamente nel tempo.
Accade a volte che qualcuno, approfittando dell’assenza di un fondatore normativo che dia le categorie per interpretare tale esperienza, usi l’espressione “corrente di grazia” come vuole. Tale espressione però, nella valutazione del RnS da parte dei Pontefici e dei teologi, è stata costante, pur se in relazione ai tempi storici nei quali veniva effettuato un discernimento e alle esigenze contingenti della Chiesa.
Paolo VI
Paolo VI definisce il Rinnovamento una «chance per la Chiesa e per il mondo» (Discorso ai partecipanti al III Congresso internazionale del Rinnovamento carismatico cattolico, Basilica vaticana, Pentecoste 1975). Nell’ambito di una Chiesa post-conciliare animata da una forte dialettica interna, alla ricerca di una bussola sul piano pastorale, di vie nuove per trasformare i contenuti del Vaticano II in vissuto, proprio nel Rinnovamento Paolo VI vede il luogo in cui le linee fondamentali suggerite dallo Spirito durante il Concilio possano trovare eco. Per usare una metafora, in noi Paolo VI vede una corda pizzicata dallo Spirito che può emettere il suono del Concilio, che può far vibrare le sue note nella storia, nella vita, e non più soltanto nei documenti.
Giovanni Paolo II
Anche Giovanni Paolo II parla del Rinnovamento come opportunità della Chiesa, definendoci «un dono speciale dello Spirito Santo alla Chiesa in questo nostro tempo!» (Discorso alla Delegazione del Rinnovamento nello Spirito Santo, 14 marzo 2002), e lo fa nel tempo della maturità ecclesiale dei movimenti e delle nuove comunità. Si è conclusa, infatti, la prima fase di fioritura delle nuove realtà carismatiche e Giovanni Paolo II ci indica un cammino di maturità ecclesiale. Nel 1998, ricevendo in Udienza privata il Comitato nazionale di servizio e il Consiglio nazionale del RnS, ci dice: «Siete un movimento ecclesiale. Nella vostra vita devono, quindi, trovare espressione tutti quei criteri di ecclesialità di cui ho scritto nella Christifideles laici (cfr. n. 30)». E sottolinea come, attraverso il Rinnovamento, le persone sperimentino l’incontro vivo con Gesù, rinnovando profondamente le loro vite. Anche san Giovanni Paolo II riconosce dunque che il Rinnovamento non è un’opera umana, ma al contempo richiama noi, come tutte le altre realtà carismatiche, a ottemperare ai criteri ecclesiali.
Negli anni Novanta e nei primi anni Duemila siamo di fronte a una Chiesa in cui i movimenti ecclesiali non soltanto trovavano la possibilità di manifestare la freschezza del loro essere ma anche la maturità del loro agire, trovando un’adeguata collocazione nel vissuto concreto della vita ecclesiale.
Benedetto XVI
Il cardinale Ratzinger, da prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, ha dato la più forte e precisa definizione di movimento ecclesiale nel documento I movimenti ecclesiali e la loro collocazione teologica, uscito nel 1998 dopo il Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali. Nel documento si afferma che questi ultimi sono irruzione dello Spirito ma si dice anche con chiarezza – Giovanni Paolo II riprenderà questo argomento nel discorso pronunciato durante la famosa Pentecoste con i movimenti, nel 1998 – che devono avere tre caratteristiche: il fondatore; il radicamento nella fede della Chiesa (e dunque anche la capacità di portare alla fede coloro che vi appartengono); un metodo pedagogico. Ogni movimento ecclesiale ha il suo metodo pedagogico in quanto legato al fondatore.
Guardando a questi tre criteri, il Rinnovamento non dovrebbe rientrare in tale definizione di movimento ecclesiale, ma Giovanni Paolo II, in diversi discorsi, ci definisce comunque “movimento ecclesiale” poiché, essendo «nati nella Chiesa e per la Chiesa» (Giovanni Paolo II, Discorso alla delegazione del Rinnovamento nello Spirito, 14 marzo 2002), devono trovare in noi diritto e obbligo di cittadinanza i criteri di ecclesialità, pur essendo il RnS un’opera dello Spirito.
Da Papa, il cardinale Ratzinger si porrà, rispetto alle nuove realtà carismatiche, sulla stessa linea di pensiero di Giovanni Paolo II, accentuando però la dimensione missionaria. Già nel documento I movimenti ecclesiali e la loro collocazione teologica, egli aveva affermato di preferire l’espressione “movimenti apostolici” a quella di “movimenti ecclesiali” in quanto nella seconda sembra quasi che si abbia come fine la Chiesa, mentre il movimento è ecclesiale perché assume lo stesso fine della Chiesa, che è quello di annunciare il Vangelo. Benedetto XVI sostiene che un movimento è autenticamente ecclesiale quando riesce a declinare in maniera autentica il fine apostolico della Chiesa, cioè si pone sul piano dell’evangelizzazione, qualsiasi sia il motivo per cui è nato.
Parlando al RnS in Piazza San Pietro, il 26 maggio 2012, Benedetto XVI ha affermato che esso si è sforzato di mostrare al mondo «la gioia della vita nuova nello Spirito» (Discorso ai partecipanti all’Incontro promosso dal RnS). In questa gioia, papa Benedetto riconosceva la nostra capacità di parlare ai giovani, alle famiglie, alla storia; di aiutare le persone lontane e sfiduciate, a ritrovare Gesù e la nostra capacità di entrare in una dimensione missionaria.
Papa Francesco
Una Chiesa “in uscita”
Il tempo storico della Chiesa di Papa Francesco è completamente diverso da quello di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, e per comprendere i discorsi che ci ha rivolto l’attuale Pontefice, è necessario calarli in questo particolare tempo. Altrimenti leggeremmo le sue parole con occhi umani, facendo assumere all’espressione “corrente di grazia”, alla quale il Papa più volte ricorre, un significato che non ha.
Papa Francesco viene eletto in un momento critico nella storia della Chiesa; le dimissioni di Benedetto XVI non sono un elemento ordinario, ma un passaggio segnato dalla sofferenza, un momento traumatico che solo una visione spirituale ci ha aiutato ad attraversare. Benedetto XVI compie una scelta nello Spirito, affermando che al suo posto, di fronte alle sfide della società contemporanea, è necessario un altro Pontefice. È un atto di coraggio e, per la prima volta, in un Conclave viene scelto un cardinale che diventa papa dopo un’ampia valutazione dei problemi e di come a questi problemi un papa potesse rispondere.
Evangelii Gaudium è il primo documento che pubblica il Pontefice argentino; si tratta di una rilettura programmatica di quanto nel Conclave si era già in qualche modo discusso e a cui Francesco dà un orientamento magisteriale, autorevolissimo, attraverso l’Esortazione apostolica.
Secondo il suo discernimento, oggi si avverte l’urgenza di una Chiesa “in uscita”, una Chiesa missionaria che non si adagi nel conforto delle strutture e “rompa gli schemi”; al numero 33 di Evangelii Gaudium, il Pontefice afferma che la conversione pastorale in chiave missionaria esige criteri diversi dalla logica del «si è fatto sempre così». L’invito è dunque a rileggere, a riformulare, a ripensare le strutture, l’organizzazione, i metodi, perché c’è bisogno di un rinnovamento che non coinvolga solo il piano strutturale, ma soprattutto quello spirituale. Il Papa, in Evangelii Gaudium, ci indica che la fonte di ogni evangelizzazione e di ogni cambiamento è l’incontro personale con Gesù; passa in rassegna i problemi, la mondanità, le necessarie conversioni pastorali, poi dà indicazioni concrete; ai sacerdoti, ad esempio, ricorda come bisogna predicare in chiave kerigmatica. Poi affronta il tema delle modalità di evangelizzazione nel potere dello Spirito e della necessità che tutta la Chiesa si ponga in uno stato permanente di missione, lasciandosi guidare dal potere dello Spirito e non fermandosi a una dimensione meramente culturale o assistenziale: «La Chiesa non può fare a meno del polmone della preghiera, e mi rallegra immensamente che si moltiplichino in tutte le istituzioni ecclesiali i gruppi di preghiera, di intercessione, di lettura orante della Parola, le adorazioni perpetue dell’Eucaristia. Nello stesso tempo si deve respingere la tentazione di una spiritualità intimistica e individualistica, che mal si comporrebbe con le esigenze della carità, oltre che con la logica dell’Incarnazione. C’è il rischio che alcuni momenti di preghiera diventino una scusa per evitare di donare la vita nella missione, perché la privatizzazione dello stile di vita può condurre i cristiani a rifugiarsi in qualche falsa spiritualità» (nn. 205-206).
Il Pontefice sottolinea la capacità dello Spirito di guidare la Chiesa fuori di sé, in una incarnazione missionaria, e desidera emendare, nella vita della Chiesa, un culto senza incarnazione e un’incarnazione senza Spirito. Più volte il Papa ha affermato che «la Chiesa non è una “ong”» (Discorso al Seminario pugliese, 10 dicembre 2016, Roma), per quanto, essendo molto sensibile e attento alle povertà e alle ingiustizie, continuamente ci invita ad andare incontro alle esigenze dei poveri.
Movimento e corrente di grazia
Incontrando qualsiasi tipo di realtà carismatica, Egli ha la preoccupazione che questa non tradisca le sue origini. La preoccupazione di Giovanni Paolo II era che tutte le realtà carismatiche e i Movimenti non costituissero una Chiesa parallela, ma fossero inserite nel contesto del tessuto ecclesiale. Al contrario, nell’attuale tempo storico, la preoccupazione di Papa Francesco è che tutte le realtà carismatiche nella storia della Chiesa, compresa la nostra, inclusi gli Istituti e le Congregazioni religiose, non dimentichino la freschezza del carisma, la peculiare opera di Dio in loro. Una Chiesa “in uscita” nel potere dello Spirito, non deve essere frenata da problemi organizzativi, strutturali, pastorali che non rispondono all’unica vera missione di cristianizzare il mondo. Di fronte alla scristianizzazione in atto, il principale bisogno è portare Gesù nella storia dei singoli.
Nel 2017, in occasione del Giubileo d’Oro del Rinnovamento carismatico cattolico nel mondo, il Papa ha ripreso con chiarezza i discorsi che ci ha rivolto nel 2014 e nel 2015 durante la 37ª e 38ª Convocazione nazionale RnS. Abbiamo compreso che anche in quelle occasioni non si rivolgeva esclusivamente al Rinnovamento italiano, ma al Rinnovamento carismatico cattolico nel mondo. Non avendo, infatti, un fondatore, un elemento normativo che sul piano istituzionale o dell’autorevolezza rappresenti un punto di riferimento unico per tutte le scelte e gli orientamenti, c’è il rischio che ciascuno assolutizzi e istituzionalizzi la sua esistenza, la sua realtà di Rinnovamento carismatico cattolico. Nelle realtà nate da un fondatore, accade che questi le ispira e le governi. La fondazione nasce dal carisma di una persona che in qualche modo conferisce regole e norme che successivamente vengono codificate. Da questo punto di vista, il Rinnovamento non è un movimento ecclesiale come gli altri, in quanto non ha un fondatore e nemmeno regole univoche. Chi era presente al Circo Massimo durante la veglia di Pentecoste del 3 giugno 2017 con il Santo Padre, ha toccato con mano la diversità che esiste all’interno del Rinnovamento carismatico cattolico, una sorta di galassia piena di stelle, impossibile da ricondurre a un unicum. Noi abbiamo gruppi, comunità, scuole di evangelizzazione, ministeri, opere… In questo senso, appaiono chiarissime le parole di Papa Francesco: «Non si può dire per esempio: “Noi siamo la corrente denominata Rinnovamento carismatico cattolico e voi no”» (Discorso ai partecipanti alla 38ͣ convocazione nazionale del RnS, Piazza San Pietro, 3 luglio 2015). Perché manca la figura che possa fare questo discernimento.
Consapevole della nostra origine, Papa Francesco ci richiama alla condizione di corrente di grazia, libera iniziativa dello Spirito che continuamente fa nascere nuove realtà, nuovi ministeri, nuove opere. Una corrente alla quale è impossibile porre un argine perché significherebbe limitare l’azione dello Spirito il quale, guardando ai bisogni della Chiesa di oggi, fa nascere in essa le risposte attraverso il Rinnovamento carismatico cattolico.
La specificità del Rinnovamento italiano
Il Rinnovamento nello Spirito italiano rappresenta un modo di vivere il Rinnovamento carismatico cattolico; i Vescovi italiani ci hanno detto che siamo un modello di riferimento ma nessuno di noi, in tanti anni di storia, ha mai pensato di stabilire chi fosse Rinnovamento carismatico cattolico e chi non lo fosse. Noi possiamo dire se si è appartenenti o meno al Rinnovamento nello Spirito, considerando il nostro modello di vita ecclesiale, di regole condivise, di capacità di stare insieme e di assumere un determinato tipo di vocazione e di impegno, dunque, se ciò che una realtà sta vivendo è autenticamente nella linea del Rinnovamento nello Spirito. La Preghiera di effusione, la vita comunitaria, l’uso dei carismi non sono appannaggio esclusivo del RnS, esistono molte altre realtà fuori del Rinnovamento nello Spirito che vivono esattamente queste dinamiche e alle quali noi non diamo alcuna “patente” di genuinità o di non genuinità. A esprimersi in questo senso è solo la Chiesa, anche se accade spesso che un vescovo, quando vuole approfondire determinati fenomeni che magari avvengono in realtà carismatiche che non fanno parte del RnS, si rivolge ai nostri responsabili per avere spiegazioni e informazioni. I vescovi, infatti, hanno individuato nel nostro modo di essere Rinnovamento carismatico nella Chiesa un modello al quale vorrebbero che tutti somigliassero. E del resto, lo Statuto del RnS approvato dai vescovi italiani ha sempre rappresentato per essi stessi un punto di riferimento e di orientamento nella valutazione di espressioni carismatiche presenti nelle Diocesi e non direttamente afferenti alla nostra Associazione. Ancora nel 2015, in Piazza San Pietro, Papa Francesco ci ha dato un mandato che nessuno ha sottolineato con adeguatezza, chiedendoci esplicitamente di aiutare le altre realtà carismatiche a essere conosciute e stimate dai Vescovi: «Incominciate a prendere delle iniziative necessarie perché tutte le realtà carismatiche italiane nate dalla corrente di grazia possano vincolarsi con questi legami di fiducia e di cooperazione direttamente con i loro vescovi lì dove si trovano». Il Pontefice non ci ha chiesto di adoperarci per farle aderire al RnS, ma di aiutarle a mantenersi in collegamento con la Chiesa. Guai a pensare che tutte le realtà carismatiche debbano far parte del Rinnovamento dello Spirito; questo significherebbe contenere l’opera dello Spirito.
In occasione del Giubileo d’Oro del Rinnovamento carismatico cattolico, Papa Francesco così si rivolge ai presenti: «Siamo riuniti qui credenti provenienti da 120 Paesi del mondo, a celebrare la sovrana opera dello Spirito Santo nella Chiesa, che prese l’avvio 50 anni fa e diede inizio… a una istituzione? No. A una corrente di grazia, alla corrente di grazia del Rinnovamento carismatico cattolico. Opera che nacque… cattolica? No. Nacque ecumenica! Nacque ecumenica perché è lo Spirito Santo che crea l’unità, ed è il medesimo Spirito Santo che diede l’ispirazione perché fosse così» (Discorso ai partecipanti al Giubileo d’Oro del Rinnovamento carismatico cattolico, Circo Massimo, 3 giugno 2017). Il Pontefice aggiunge anche che il Rinnovamento è corrente di grazia in quanto «non ha fondatore, né statuti, né organi di governo» (Ibid). Il Papa si riferisce qui alla galassia del Rinnovamento carismatico cattolico, e precisa subito dopo: «chiaramente in questa corrente sono nate molteplici espressioni che, certo, sono opere umane ispirate dallo Spirito, con vari carismi, e tutte al servizio della Chiesa» (Ibid).
Lo stesso concetto il Santo Padre ha espresso nel 2015, dicendo che dal Rinnovamento carismatico cattolico «è nata l’associazione Rinnovamento nello Spirito… che in Italia ha dato molto frutto» (Discorso ai partecipanti alla 38ª Convocazione nazionale del RnS, Piazza San Pietro).
Noi non siamo l’unica espressione del Rinnovamento carismatico cattolico; al Circo Massimo erano presenti, insieme con il nostro Presidente Salvatore, fratelli e sorelle di comunità e di esperienze del Rinnovamento con migliaia di aderenti, come le comunità brasiliane che contano 300 mila aderenti, e comunità in India che ne contano 30 mila, tutte realtà che sono opere di Dio e all’interno della grande galassia del Rinnovamento carismatico cattolico hanno una missione, proprio come noi.
La nostra missione come RnS è innanzitutto vivere il Rinnovamento carismatico, perché dire “RnS” e “Rinnovamento carismatico” è esattamente la stessa cosa. Alla Scuola interregionale animatori di Salerno ho mostrato il talloncino dei partecipanti alla prima Scuola animatori di Triuggio, del 1977, sul quale era indicato “Rinnovamento carismatico cattolico italiano”; la stessa intestazione compariva sulla prima carta intestata di don Dino Foglio, in qualità di coordinatore nazionale. La scelta di cambiare il nome avvenne successivamente per motivazioni ecclesiali, soprattutto per accogliere l’indicazione del cardinale Suenens che già nei Documenti di Malines e negli scritti successivi diceva chiaramente di preferire alla denominazione “Rinnovamento carismatico cattolico“, quella di “Rinnovamento spirituale” o “Rinnovamento nello Spirito”, perché l’attenzione fosse centrata sul donatore e non sui doni. Facciamo dunque attenzione, perché il nostro nome ha un’identità chiara risalente ai Documenti di Malines.
Una realtà per tutta la Chiesa
Papa Francesco sottolinea che la distinzione carismatica delle diverse missioni non deve porci in contrapposizione; lo stesso ci aveva detto nel 2015 e nel 2014, parlando del Rinnovamento carismatico come di «una grande orchestra». In questa corrente di grazia nella quale ci riconosciamo tutti, il Pontefice vede alcuni elementi fondamentali. Innanzitutto che «questa corrente di grazia è per tutta la Chiesa, non solo per alcuni, e nessuno di noi è “il padrone” e tutti gli altri servi. No – continua – tutti siamo servi. Insieme a questa esperienza [che è il battesimo nello Spirito], voi ricordate continuamente alla Chiesa la forza della preghiera di lode. Lode che è la preghiera di riconoscenza e azione di grazie per l’amore gratuito di Dio… La gioia dell’annuncio della buona novella del Vangelo» (Discorso ai partecipanti al Giubileo d’Oro del Rinnovamento carismatico cattolico, Circo Massimo, 3 giugno 2017). Queste parole, pronunciate nel 2017, non aggiungono niente a quanto Papa Francesco ci ha detto nel 2014: «Adorate Dio il Signore! Questo è il fondamento! Adorare Dio» (Discorso ai partecipanti alla 37ª Convocazione nazionale RnS, Stadio Olimpico, Roma, 2 giugno 2014). E il termine “adorazione”, che il Papa usa in questa occasione, non è da associare, come avviene nell’uso comune tra i cattolici, all’Adorazione eucaristica, ma all’uso che se ne fa nell’assemblea protestante, dove per “adorazione” si intende rendere culto alla presenza di Dio, lodare Dio alla sua presenza.
Papa Francesco, nel 2017, parla, richiamando i Documenti di Malines, di «servizio all’uomo», sottolineando così un altro elemento che pure aveva sottolineato nel 2014, dicendoci: «Avvicinatevi ai poveri, ai bisognosi, per toccare nella loro carne la carne ferita di Gesù», e nel 2015, esortandoci a lavorare insieme «per i poveri e i bisognosi».
Infine, nel 2017 al Circo Massimo, Papa Francesco così sintetizza: «Battesimo nello Spirito Santo, lode, servizio all’uomo: le tre cose sono indissolubilmente unite!». Aspetti questi, presenti in Evangelii Gaudium.
Papa Francesco oggi sottolinea in maniera così forte e chiara la nostra identità perché desidera una realtà che nella Chiesa dimostri che Evangelii Gaudium non è un’idea, ma un fatto, un vissuto.
Più ci chiudiamo, anche giustamente alcune volte, nella considerazione dei nostri bisogni, delle nostre necessità pastorali, organizzative e strutturali, e meno rispondiamo all’urgenza dell’evangelizzazione, meno siamo in linea con quello che Papa Francesco vuole per tutta la Chiesa.
Egli ci invita a non essere preoccupati delle nostre istituzioni, dei nostri nomi, delle nostre organizzazioni, a non rinchiuderci nelle nostre singole realtà; ci ricorda che non serviamo se non siamo un servizio, una risposta dello Spirito alla Chiesa; ci richiama fortemente alla nostra identità di corrente di grazia che non vive per se stessa, ma vive per essere inserita nella Chiesa. È un appello il suo, al RnS e al Rinnovamento carismatico, che ci scuote in maniera forte. Un appello a non perdere la nostra missione perché lo Spirito ci ha creato per inserirci nella Chiesa non accanto a tutti gli altri movimenti ecclesiali, ma trasversalmente a essi, proprio perché non siamo un movimento ecclesiale come gli altri.
Da anni diciamo che il battesimo nello Spirito non è “la tessera“ per entrare nel Rinnovamento; se noi invece facciamo passare questo concetto, nessuno ci chiederà mai di vivere l’Effusione come esperienza di rinascita spirituale, perché la legherà alla vita e all’appartenenza esclusiva ad un movimento ecclesiale.
Il Papa vorrebbe che la Preghiera comunitaria carismatica, e in generale la spiritualità carismatica, diventassero patrimonio di tutta la Chiesa, non solo del Rinnovamento carismatico. Se invece noi caratterizziamo la Preghiera carismatica come esperienza legata esclusivamente al RnS, un appartenente a un altro movimento non si aprirà a essa perché la riterrà propria del RnS. Per questo dunque il Santo Padre ci richiama fortemente alla corrente di grazia, non per sminuire la nostra missione ma per amplificarla.
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