L’Europa ritrovi lo spirito cristiano

da | Attualità

Mai in Italia si è trascorsa, a memoria di storici, una Pasqua con le Messe a porte chiuse, come quella che si sta vivendo al tempo del coronavirus. Tuttavia, nei primi giorni dall’entrata in vigore delle disposizioni di sicurezza contro il virus, Papa Francesco ci aveva visto lungo. “Preghiamo perché lo Spirito Santo dia ai pastori la capacità del discernimento pastorale affinché provvedano misure che non lasciano da solo il Santo popolo fedele di Dio”, aveva detto il Papa. E così è stato, con iniziative in ambito ecclesiale che si sono moltiplicate una dietro l’altra, come ha spiegato a Formiche.net Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo.

Presidente, il momento che stiamo vivendo è straordinariamente difficile. Tanti uomini e donne sono morti nel più totale isolamento, senza nemmeno la possibilità di un ultimo saluto, dell’estrema unzione. Molti anziani, medici, operatori sanitari, e purtroppo anche molti sacerdoti. Anche la vita del popolo cristiano è stata messa a dura prova.

Non è stato semplice accogliere le disposizioni adottate. Il bene grande della libertà religiosa e di culto è stato messo a dura prova, al pari di tutte le altre libertà individuali, che consideravamo conquiste acquisite una volta per tutte. Solo quando l’aria manca e ci sembra di soffocare, allora ne recuperiamo tutto il valore vitale! Un grande predicatore, Jacques Bossuet, diceva che “Dio è capace di scrivere dritto anche sulle nostre righe storte” e san Paolo, ancor prima, “tutto concorre a bene di coloro che amano Dio”. Così, come sempre accade quando la fede è sfidata, ecco che i credenti hanno dato corso a una speranza creatrice e a un amore salvifico. Per amore di Dio e per amore dell’uomo, medici, infermieri, sacerdoti, religiose hanno dato la vita per amare fino in fondo vite bisognose di cura, di consolazione, di guarigione. Niente di più aderente allo Spirito di Cristo. Una straordinaria esorcizzazione dello spirito di morte che ha ammorbato le nostre società moderne. “I santi della porta accanto”, li ha prontamente definiti Papa Francesco.

Abbiamo vissuto una Pasqua senza la Santa Messa. Quali sono i suoi sentimenti a riguardo, e come affrontare al meglio queste giornate?

Mai come quest’anno, secondo il vero spirito della Pasqua, risurrezione della vita sulla morte fu più desiderata! Le nostre case sembrano tombe dalle quali non vediamo l’ora di risorgere, per ritrovare la luce nelle tenebre che si sono addensate nelle nostre vite. Eppure, “abitandole”, come prima non capitava più a molti, anche solo perché costretti a starne “fuori”, le nostre case sono tornate ad essere “luoghi vitali”, fatti di relazioni più profonde, più affettuose, più vere. Le famiglie, come nei primi due secoli della cristianità, sono tornate ad essere le “prime chiese”, piccole comunità, costrette a rimanere appartate da un virus e non dalla persecuzione di un Impero avverso. È interessante registrare un ritorno alla preghiera, alla lettura della parola di Dio. In realtà, il “digiuno sacramentale”, ha scatenato un forte fame di Dio e in molti un’occasione vera di conversione.

La Chiesa ha risposto alla crisi con un grande impegno sul web. Anche il Rinnovamento nello Spirito ha lanciato diverse proposte spirituali per affrontare le difficoltà del virus, tra cui quella della Settimana Santa online. 

Abbiamo intercettato il bisogno della gente di non disperdersi, di rimanere spiritualmente unita – altri direbbero “connessa” – di dare una speranza alle tante incertezze provocate dall’emergenza in corso. Sono così nate diverse iniziative, che hanno avuto riscontri davvero straordinari, con numeri da capogiro e contatti da tutto il mondo, sotto lo slogan generale: “Io resto a casa…e prego!”. Provo a segnalarne alcune: le “40 ore di adorazione – Muro di Fuoco”, un moto continuo di preghiera giorno e notte, con turni di un’ora proposti da tutte le Regioni d’Italia e 10 Paesi del Mondo e da cappelle ubicate in luoghi “strategici” come Ospedali, Case di riposo, Carceri, Caserme, Monasteri di clausura, Santuari. Una meravigliosa inondazione di preghiera. Poi la Via Crucis “Italia, lascia passare la croce di Gesù”: 14 Stazioni in 14 Diocesi d’Italia, da Bolzano a Nicosia (EN) e da Sassari a Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, così da tracciare una croce da nord a sud, da ovest a est. Poi una Liturgia Penitenziale on line, nella Cappella del RnS, presieduta dal Card. Mauro Piacenza, Penitenziere maggiore, per offrire a tutti la possibilità di vivere un’esperienza di riconciliazione nell’impossibilità di accostarsi al Sacramento. E poi tante “strisce” giornaliere che hanno visto protagonisti i bambini, i giovani, le famiglie, gli animatori e i responsabili del RnS e, in video storici, i “padri” del nostro cammino: intensi momenti di preghiera, di testimonianza, di evangelizzazione, di formazione.

Quali sensazioni le hanno suscitato la preghiera di Papa Francesco per tutte le persone in emergenza per via del coronavirus, e quelle immagini straordinarie, che hanno segnato questo tempo, mentre camminava in una piazza San Pietro deserta?

Francesco mi appariva come Mosè, sul monte Oreb, solo, a supplicare Dio, a intercedere per il bene del suo popolo. In realtà Piazza San Pietro non è mai stata così affollata di preghiere, di gemiti, di attese di milioni e milioni di persone che, da tutto il mondo, invocavano salvezza. Francesco si è fatto “volto contratto” del mondo, a immagine del Crocifisso che campeggiava nella Piazza. E la Piazza, cuore della cristianità, diveniva cuore del mondo. Un grande, concorde palpito d’amore. Immagini ed emozioni difficilmente replicabili, che hanno riportato alla mia memoria altre pagine drammatiche del Pontificato di san Giovanni Paolo II. Francesco sta dalla parte dell’uomo, sa leggere come pochi altri i bisogni della storia, con sguardo profetico. Ecco perché tutti erano lì con Lui, anche i non credenti e gli appartenenti ad altre confessioni religiose.

Come faremo, una volta finito questo periodo di emergenza, a ripartire con la piena consapevolezza di quanto accaduto?

L’ho detto e scritto più volte: con un ritrovato senso di fraternità. Sarà proprio lo “spirito di fraternità” a ridefinire la cifra del nostro futuro al termine dell’emergenza; altrimenti tarderemo a riappropriarci delle nostre vite e delegheremo ad altri la nostra responsabilità. Saremo tutti più poveri e provati; avremo tutti bisogno gli uni degli altri. Pertanto, non basterà più la “solidarietà sociale” se non saremo disposti a vivere relazioni umane più intense, dunque fraterne, quelle che maturano proprio quando siamo veramente feriti dalla vita. Da anni parlavamo di crisi, ma non aveva toccato la nostra “carne”. Adesso qualcosa di più profondo sta accadendo e non ha risparmiato nessuno. Se questa grande prova ci farà coscientizzare il bisogno di un nuovo rapporto con Dio, con noi stessi, con gli altri, con il creato, allora potremmo venirne fuori come persone migliori.

In questi giorni tanti cittadini si trovano in difficoltà economiche, perché magari non hanno alcuna tutela, e tante aziende rischiano di chiudere se non si mettono in campo misure adeguate. Tra i paesi europei, invece, i particolarismi rischiano di affossare un grande sogno comune, che è l’Europa. 

Se l’Europa non recupererà lo “spirito cristiano” che l’ha generata, difficilmente rimarrà unita; finirà per alimentare tensioni e spinte centrifughe. A che serve avere una “moneta unica” se in nome della moneta non sarà unica la visione del futuro, a partire dalla corresponsabilità economica che questo disastro provocato dal Covid-19 reclama? È paradossale che alcune spinte “nazionaliste” finiscano con il favorire nuovi “sovranismi”, quelli che l’Europa ha sempre contestato, finendo con il cadere in una gigantesca contraddizione. La bandiera europea vede una “corona di stelle” stagliarsi su un fondo azzurro come il cielo. Mi auguro che una “corona di unità” tra gli Stati europei sia l’antidoto più efficace, quanto il vaccino che attendiamo, per vincere il coronavirus.

Fonte: https://formiche.net/2020/04/parla-salvatore-martinez/
Un articolo di Francesco Gnagni

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