La liturgia “annulla” 2000 anni di storia e ci fa diventare “contemporanei” di Gesù, facendoci entrare nel suo mistero pasquale e ottenere, così, la salvezza.
La liturgia fonte e culmine di tutta l’azione della Chiesa
La liturgia da sempre è considerata una realtà viva in continua trasformazione e, come un albero, ha bisogno di essere curata e potata per produrre frutti buoni e abbondanti. Dopo mesi di attesa, ora che il nuovo Messale è nelle nostre mani – e presto sarà utilizzato nelle nostre Celebrazioni – approfondiamo la nostra conoscenza della liturgia con una serie di articoli.
Un pò di storia
Una potatura sostanziale della liturgia l’ha realizzata il concilio Vaticano II, lasciando trasparire tutta la bellezza “dell’albero”, che era offuscata dai numerosi rami che da troppo tempo non erano stati potati. Come si è arrivati a questo? Un ruolo importante lo ha avuto il movimento liturgico nato agli inizi del sec. XX in Belgio e presto diffusosi in Francia, Germania, Italia con l’intento di porre rimedio a una visione della liturgia troppo rigida e giuridica e che ormai aveva ben poco da dire ai fedeli. Quest’ultimi, infatti, non conoscendo più la lingua latina, assicuravano una presenza fisica alla Celebrazione, ma senza parteciparvi attivamente anzi, mentre il sacerdote celebrava, i fedeli praticavano le loro devozioni, più semplici e più comprensibili.
Il movimento liturgico, raccogliendo le varie istanze che venivano dal popolo di Dio, trovò una risposta adeguata prima nell’Enciclica Mediator Dei di Pio XII e poi nella Sacrosanctum Concilium (SC) del Vaticano II.
Perché la liturgia possa essere «il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù» (SC, n. 10) nella vita della Chiesa e del singolo cristiano, è fondamentale una partecipazione sempre più consapevole e fruttuosa alle Celebrazioni. È quanto si augura il Concilio quando afferma che i fedeli prendano parte alla azione liturgica «consapevolmente, attivamente e fruttuosamente» (SC, n. 11). È evidente che, per gustare attraverso la liturgia il mirabile mistero di Cristo risorto ed essere introdotti nella dinamica dell’assoluta gratuità di Dio, si richiede anzitutto una retta conoscenza di ciò che la liturgia è e realizza.
Una distanza da ricolmare
I Padri conciliari, per eliminare il distacco tra la liturgia e il popolo, lavorarono in particolare, su due piste: la questione della lingua e una migliore comprensione dei riti determinata dalla semplificazione di un cerimoniale ormai inadatto ai tempi. A questo proposito, il Concilio così si esprime: «L’ordinamento dei testi e dei riti deve essere condotto in modo che le sante realtà, da essi significate, siano espresse più chiaramente, il popolo cristiano possa capirne il senso e possa parteciparvi con una celebrazione piena, attiva e comunitaria» (SC, n. 21).
La liturgia è culmine perché deve portare i fedeli ad accogliere il dono della salvezza, diventando così “lode di Dio”. Salvati, cantiamo al Signore il canto nuovo, il gioioso canto dei redenti.
Che cos’è la liturgia?
Per capire cosa è la liturgia e cosa realizza, saremmo tentati di dare subito la definizione di liturgia. Il Concilio è arrivato a definire la liturgia in maniera graduale. Infatti, la prima preoccupazione del Concilio è stata quella di presentare la natura della liturgia, ma lo ha fatto iniziando a parlare della storia della salvezza, prima annunciata, poi realizzata in Cristo, soprattutto nel mistero pasquale della sua passione-morte-risurrezione-glorificazione e, infine, continuata dalla Chiesa.
Come entrare in questo “Mistero” ormai divenuto “Evento”? Proprio attraverso la liturgia, esercizio del sacerdozio di Cristo, realtà sensibile attraverso la quale si comunica, si manifesta, viene resa attuale la realtà invisibile della salvezza.
La liturgia celebra la salvezza, quella salvezza che ci incontra, ci viene donata, e non una semplice “costruzione” umana. Si tratta, dunque, di un insieme di gesti, segni, parole, riti che diventano strumento operativo attraverso cui la salvezza si comunica agli uomini, oggi, cioè sempre. In certo qual modo, la liturgia “annulla” 2000 anni di storia e ci fa diventare “contemporanei” di Gesù, facendoci entrare nel suo mistero pasquale e ottenere, così, la salvezza. Per questo, accanto alla definizione “teologica” di liturgia che dà il Concilio, possiamo proporne un’altra, forse più “poetica”, ma altrettanto vera: la liturgia è l’”oggi” di Dio che salva nella storia di ogni uomo.
La sacra liturgia in 4 punti
Per riassumere, i passaggi fondamentali sono questi:
1. Dalla pasqua di Cristo viene agli uomini la grazia che salva.
2. Gesù vuole che la Chiesa, suo “sa-cramentum” continui nel tempo e nella storia il realizzarsi della salvezza. Bellissi-ma è la definizione che danno i Padri del-la Chiesa: «De latere Christi, novi Adae in cruce dormientis, ortum est mirabile sa-cramentum totius ecclesiae» (Dal costa-to di Cristo, nuovo Adamo addormen-tato sulla croce, è scaturito quel mirabile sacramento che è tutta la Chiesa).
3. La liturgia nella Chiesa, soprattutto attraverso i “sette santi segni”, i sa-cramenti, fa sì la salvezza diventi realtà per il singolo, facendolo entrare nel mi-stero pasquale di Cristo.
4. L’accoglienza della salvezza (il “sì” del fedele e la coerenza della vita) rende il tutto efficace, facendoci comprendere che la liturgia non agisce in maniera magica. Per questo Gesù ha inviato gli apostoli ad annunciare il Vangelo e a battezzare, e ha scelto una modalità nuova di presenza nel tempo: attraverso la Chiesa e i gesti che essa compie. Proprio uno dei punti principali e più efficaci della SC è costituito dal n. 7, nel quale si parla della presenza di Cristo nelle azioni liturgiche della Chiesa. L’occhio della fede, in altre parole, sa leggere dietro i gesti di ogni liturgia la presenza di Cristo che li compie e li rende efficaci. Così SC n. 7 ci dice che Cristo è presente nell’assemblea liturgica, nella persona del ministro che la presiede, nella Parola che lì viene proclamata, nel segno della comunità riunita nel suo nome, nell’Eucaristia. Ed è sempre presenza “reale”, come sottolinea in seguito san Paolo VI, presenza “permanente” nell’Eucaristia e presenza “transeunte” negli altri casi. Quanto abbiamo detto deve allora aiutarci a celebrare “in spirito e verità”, accogliendo quel Dio che continua-mente entra nella nostra storia per offrirci la salvezza e così possiamo diventare interminabile lode di Dio.
RINNOVAMENTO nello spirito E LITURGIA
La rinnovata visione carismatica porta a vivere questa esperienza: sapersi amati e salvati da Dio fa scaturire una lode incessante che si fa benedizione, rendi-mento di grazie, adorazione, supplica, intercessione. Nessuno può negare come il Rinnovamento carismatico celebri e viva la liturgia con gioiosa esultanza e non come un interminabile e triste “funerale”. Così essa diventa anticipo e profezia della liturgia celeste dove gli angeli, i santi e tutti gli spiriti beati, davanti al trono di Dio, cantano giorno e notte la lode alla sua maestà, anche con gemiti inesprimibili.
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