“Mi ami tu?” (Gv 21, 16). È questo il tema che, da venerdì 9 a domenica 11 dicembre 2022, guida la 46^ Conferenza Nazionale Animatori del Rinnovamento nello Spirito Santo, con cui, come noto, terminano lo speciale Giubileo d’Oro e il Quadriennio di servizio pastorale 2019-2022. Dopo gli ultimi anni pesantemente segnati dalla pandemia, finalmente, si è potuti tornare in presenza al Palacongressi di Rimini, luogo “storico” per l’annuale appuntamento promosso dal Movimento che, fin dalle origini, ne ospita i raduni fraterni. Provenienti da più di mille Cenacoli, Gruppi e Comunità del Rinnovamento, da ogni parte d’Italia, Svizzera, Germania, Francia e Moldova, oltre 4mila partecipanti hanno scelto di prendere parte al tradizionale evento che, da sempre, scandisce la vita del RnS, secondo i quattro imprescindibili “pilastri” ribaditi anche dal Santo Padre: la grazia del battesimo nello Spirito diffusa a tutti; un’evangelizzazione carismatica fondata sulla parola di Dio; l’ecumenismo spirituale come grazia di riconciliazione per l’unità dei cristiani; il servizio ai poveri nelle singole realtà locali. In questo speciale contesto, previa autorizzazione della Penitenzieria Apostolica, sabato 10 dicembre troverà il suo epilogo comunitario ed ecclesiale la chiusura dell’Anno giubilare, con la solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta da mons. Giuseppe Baturi, Segretario Generale della CEI e Arcivescovo di Cagliari. Il Giubileo d’Oro del Rinnovamento in Italia, lo ricordiamo, venne inaugurato il 26 novembre 2021 a Roma, presso la Basilica Papale di Santa Maria Maggiore (clicca qui). La 46^ Conferenza Nazionale Animatori si è aperta nel pomeriggio del 9 dicembre con la prima sessione scandita dalla Intronizzazione della Parola e da un segno introduttivo, con l’Atto di affidamento a Maria e la Preghiera comunitaria carismatica, di nuovo insieme come un tempo. Poi, il saluto da parte di Salvatore Martinez, Presidente nazionale del RnS. «Siamo tantissimi ma non siamo tutti – ha affermato -, qualcuno ci guarda dal Cielo: nel 2019, infatti, proprio da questo palco congedavo il nostro caro e indimenticato don Guido Pietrogrande. C’è grande bisogno di amore e, in questa sponda del mare Adriatico, la nostra “Galilea” che ci è cara come un luogo di casa, Gesù ci chiede di seguirlo, con quella domanda travolgente che ci “tormenta” e che interiorizzeremo più volte in questi giorni: essere qui, dunque, nonostante i limiti e le difficoltà, è rispondere, in numero record, alla chiamata del Signore, per chiudere questo Anno giubilare e aprire la nuova stagione che lo Spirito sta preparando». È seguita dunque la presentazione del programma a cura di Mario Landi, Coordinatore nazionale del RnS, che ha evidenziato come, a partire dalla frase scelta come tema, è stata possibile la realizzazione di questo importante appuntamento «grazie alla profezia, con la consapevolezza che il Giubileo nel nostro cuore non terminerà mai». Quindi, dopo l’invocazione dello Spirito, la relazione d’apertura sul tema: «Mi ami tu?» (Gv 21, 16), tenuta da mons. Francesco Lambiasi, Amministratore apostolico della Diocesi di Rimini, che si appresta ad accogliere il nuovo Vescovo, mons. Nicolò Anselmi. «Non potrò mai dimenticare la prima volta in assoluto che venni a Rimini, nel novembre 1999, senza lontanamente immaginare che sarei tornato qui tante altre volte, compresa questa: grazie di cuore, dunque, per la vostra accoglienza», ha esordito mons. Lambiasi. La sua meditazione si è incentrata sull’interrogativo di Gesù a Pietro, “Mi ami tu?”, con lettura del brano di riferimento, citando nella lectio divina il titolo che il presule stesso avrebbe scelto per sintetizzarne il significato: «Un bacio che scotta ma non brucia ma fa rivivere; un abbraccio che stringe ma non strozza ma fa risorgere». Tre i passaggi fondamentali offerti dal Vescovo per comprendere, «dietro, dentro e avanti», questa pagina di Vangelo: «Rivolgiamo anzitutto l’attenzione a ciò che sta sullo sfondo di questo dialogo, ossia il primo incontro di Gesù con il primo Apostolo, pescatore che si mise alla sequela del Cristo». Poi, i successivi episodi che, tramite gli evangelisti Giovanni e Luca, narrano il rapporto tra i due: a Cesarea, la chiamata («Tu sei Pietro e su di te edificherò la mia Chiesa»), nel Cenacolo l’Ultima Cena, il rinnegamento, per tre volte, e il canto del gallo, prima dell’arresto. Infine, il «tentativo di riscatto» da parte di Simon Pietro al Getsemani e Gesù «che fa di quella condanna, ingiustificata, l’occasione di una dedizione e di una consegna totalmente incondizionata». Nelle ore del Calvario, Pietro «vide» e poi credette alla Risurrezione, che «anche oggi, fa risorgere noi tutti». Lambiasi, descrivendo le fragilità di Pietro, ha inoltre annoverato altre scene (tra cui, la pesca sul lago di Tiberiade, il pasto condiviso sulla riva), spiegando in primis come avvenne «il riconoscimento del Signore» e, alle domande che si ripetono – in cui si usano il verbo oblativo, «amare», e quello dell’amicizia, φιλέω, ossia «voler bene», in una «oscillazione terminologica in cui Gesù si fa mendicante di amore» – il significato di quel “Pasci le mie pecore”, con Pietro che «rendendosi servo, si pone in sintonia con Gesù: è un nuovo inizio, una conversione, in cui nasce l’uomo nuovo», vincendo la «io-latria, che rende schiavi del proprio egoismo». Nella conclusione di mons. Francesco Lambiasi, è stato illustrato il «dopo» dello stesso Pietro, «a confermare i fratelli nella fede come un moto del cuore e una consegna amante e appassionata al Signore Gesù, nella missione apostolica che lo porterà a divenire il primo Papa, fino ad arrivare oggi a Francesco». Ecco, allora, un messaggio anche per i Pastori delle Chiese locali e per tutta la comunità cristiana: «Questa, che è “la domanda delle domande”, riguarda e trafigge non solo i Vescovi ma tutti i credenti, interpellando ciascuno di noi: ricordiamo sempre che fede e amore non sono mai isolabili», ha aggiunto citando Benedetto XVI. Con un messaggio, in chiusura, più che incisivo: «Non è possibile essere cristiani per tradizione, abitudine o convenzione, ma solo per convenzione e conversione: questa è la relazione d’amore reciproca che dobbiamo avere con il Risorto». A chiudere la prima giornata di lavori, la Mistagogia del “fuoco d’amore” e il Roveto ardente di adorazione guidati da don Michele Leone, Consigliere Spirituale nazionale del RnS, rispondendo quindi «in due tempi e in maniera comunitaria», come affermato da Martinez, alla chiamata di Gesù.
Servizio Avvenire – 48 Conferenza Nazionale Animatori RnS
L’effigie di Maria che tradizionalmente accompagna gli eventi sembra davvero vegliare sulla grande famiglia del Rinnovamento
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