Il mondo ha bisogno di nuovi profeti, testimoni di speranza che si lascino plasmare e guidare dallo Spirito Santo. Il tema, trattato a una delle Convocazioni nazionali di Rimini da mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, è tratto dall’Esortazione apostolica di Paolo VI, Evangelii Nuntiandi. Mons. Rino Fisischella
Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione
Spalancate le porte!
«La parola di Dio è sempre viva, in ogni momento della storia, perché la Chiesa la attualizza attraverso la sua fedele trasmissione, la celebrazione dei sacramenti e la testimonianza dei credenti… Perché la forza della Parola non dipende anzitutto dalla nostra azione, dai nostri mezzi, ma da Dio». Mons. Rino Fisichella esordisce ricordando le parole di Benedetto XVI all’Incontro, in ottobre, con i nuovi evangelizzatori. Parole che confermano il passo dell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi di Paolo VI, che dà il tema all’intervento di Fisichella: “L’evangelizzazione non sarà mai possibile senza l’azione dello Spirito Santo”.
Cosa dire della nuova evangelizzazione? «Un segno dei tempi, il frutto più maturo del Concilio vaticano II», la definisce il Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione: «Dobbiamo essere capaci di guardare i segni dei tempi che vengono messi dinanzi a noi per leggere la presenza sempre nuova dello Spirito che rinnova e che provoca a una sempre più ampia Pentecoste, perché la notizia del Vangelo di Cristo raggiunga ogni persona fino agli estremi confini della terra. Se noi credenti per primi non comprendessimo che l’azione dello Spirito ci invia di nuovo nel mondo, in primo luogo verso i fratelli e le sorelle che condividono lo stesso battesimo, per scuotere l’ovvietà che li avvolge in modo mortifero, allora dovremmo dedurre che siamo dinanzi a una identità incerta e a una fede debole. Leggere i segni dei tempi equivale a non rinchiudersi in una visione nostalgica del passato. Noi siamo cristiani che vivono l’oggi della fede, che sanno che in questo oggi della fede Cristo parla attraverso la sua Chiesa». Ricordando un’immagine del filoso danese Kierkegaard, mons. Fisichella esorta a uscire dal Cenacolo: «Non possiamo starcene seduti tranquilli nelle nostre chiese mentre fuori di quelle mura ben solide che spesso non lasciano entrare il rumore esterno, gli uomini sono confusi, paurosi e insicuri. La Pentecoste per noi indica un’altra strada: spalancare le porte, andare nelle piazze, là dove l’uomo vive per dire con coraggio e franchezza che Cristo è veramente risorto». Un cammino, quello della nuova evangelizzazione, in cui è necessario fare memoria, come invitava il vescovo del V secolo, Fausto: «Se vuoi sapere quello che deve essere il pensiero intorno allo Spirito Santo, ti è necessario ritornare agli apostoli e ai Vangeli con i quali e nei quali hai certezza che Dio ha parlato» (Lo Spirito Santo, I, 9). Commenta mons. Fisichella: «La fede va conosciuta giorno dopo giorno, va studiata giorno dopo giorno! La nuova evangelizzazione ci obbliga a ritrovare non solo un linguaggio accessibile a chi vive accanto a noi ma anche nuove forme di evangelizzazione. Voi – dice rivolgendosi agli animatori – siete un’espressione dello Spirito che insieme ad altri suscitati dallo stesso e unico Spirito è azione per consegnare a chi verrà dopo di noi lo stesso deposito della fede».
Spirito, bocca di Dio
Evangelizzazione e Spirito Santo: «Lo Spirito Santo – continua con forza mons. Fisichella – non è un’appendice al mistero della fede cristiana; è, al contrario, il suo centro, come il cuore della stessa vita di Dio, proviene dal Padre e dal Figlio, ultimo dono che ci viene dato». Sullo Spirito, «protagonista dell’evangelizzazione», invita a posare lo sguardo, citando Giovanni Paolo II: «Lo Spirito Santo precede, accompagna e segue la missione». Il Cardinale ricorda la definizione dei Padri della Chiesa, che parlavano dello Spirito come della «bocca di Dio. Ognuno di noi deve divenire un profeta; cioè possesso dello Spirito e “bocca” mediante la quale Dio fa udire la sua voce. Questo essere “bocca” dello Spirito ci riporta al giorno di Pentecoste, dove gli apostoli hanno la forza di porsi nel mondo come testimoni della risurrezione del Signore. È lo Spirito che dà ai discepoli la forza di aprire le porte sbarrate del cenacolo dove si trovavano “per paura”, immettendoli nella missione evangelizzatrice». E la grande novità di Pentecoste è che «in Gesù lo Spirito viene dato a tutti, nessuno escluso».
La relazione di mons. Fisichella è tutta incentrata sulla persona dello Spirito Santo che, «come aveva accompagnato Gesù, così ora accompagna la sua Chiesa. È lui che rivela agli apostoli dove andare o non andare, che concede i carismi per costruire la comunità; è lo Spirito che consente a Stefano di dare la sua testimonianza suprema con il dono della vita, che ispira gli autori sacri a mettere per iscritto i vangeli e gli insegnamenti degli apostoli. È lo Spirito di Verità che non verrà mai meno nella storia della Chiesa». Uno Spirito che rende uno, oltre ogni diversità. Uno Spirito nella cui obbedienza tutta la vita della Chiesa si svolge.
L’Eucaristia per l’evangelizzatore
Evangelizzazione e preghiera. Scrive Paolo: «Noi non sappiamo neppure che cosa è conveniente chiedere, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza e con i suoi gemiti inesprimibili ci permette di rivolgerci a Dio e chiamarlo: Padre» (cf Rm 8, 26).
Centro della vita dell’evangelizzatore, deve essere l’Eucaristia. Continua il Presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione: «La vita liturgica è l’opera che lo Spirito rende percepibile in una maniera chiara perché lì santifica tutta la comunità e a ognuno di noi viene data la grazia della santità. L’Eucaristia, in modo particolare, consente di vedere realizzata l’opera dello Spirito. Essa costituisce come la sintesi di tutta la vita sacramentale». La liturgia dunque come «spazio privilegiato per vedere in atto la presenza efficace dello Spirito e nutrire la nostra vocazione a essere evangelizzatori».
Mons. Fisichella sottolinea la necessità che sorgano nuovi profeti, per risvegliare «una società vecchia, incapace di progettare il futuro. I segni di una società vecchia – continua –sono facilmente riconoscibili: si percepiscono nella paura che accompagna ogni decisione e nell’incapacità di saper scegliere il rinnovamento e la strada più radicale da seguire. Il timore del generare è essenzialmente paura del futuro e di ciò che ci riserva, perché non si è più in grado di guidarlo e progettarlo a partire da noi». Testimoni di speranza devono essere i nuovi profeti. Profeti come lo furono Ezechiele, Geremia, Isaia, capaci di ridare speranza a un popolo che aveva appeso al muro le cetre, a un popolo in piena crisi di fede. «In un periodo di depressione così totale, se il nostro vocabolario non contrasta parole come precarietà, degrado, inquietudine – si chiede mons. Fisichella – come potremo di nuovo portare la parola della salvezza? Il sorgere di nuovi profeti che nella Chiesa e a nome della Chiesa annuncino un rinnovato esodo e l’entusiasmo per la terra promessa è ciò che serve per rinnovare la speranza». E sottolinea come «non si è profeti fuori della Chiesa né contro la Chiesa». Sperare contro ogni speranza – conclude – è la sfida della fede nel mondo di oggi, ed è dono dello Spirito.
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